Quando lo scrittore americano Paul Auster decise di ispirarsi a lei, per disegnare il personaggio di Maria Turner (Leviathan, ‘92), non poteva certo immaginare quale sarebbe stata la reazione della sua musa, l’artista francese Sophie Calle. Suggerirle un simile gioco di specchi, era come invitarla a nozze. Sophie decide di vestire i panni di Maria, trasformandosi di fatto nel proprio alter ego letterario. Nascono una serie di esperimenti concettuali, in cui l’artista si appropria dei bizzarri comportamenti ideati da Auster per la sua protagonista. Più avanti, lo scrittore compilerà per lei un manuale d’istruzioni per “migliorare la vita a New York” (Gotham Handbook ’94), un elenco di azioni che la Calle eseguirà punto per punto, calandosi in un’esperienza di vita “artificiale”, tra gioco di ruolo, indagine sociale e rappresentazione scenica. Il volume Double Game (’98) è il resoconto puntuale di questo lungo processo di ibridazione tra finzione e realtà.
C’è tutta Sophie Calle in questa storia complessa. La chiamano la faiseuse d’histoire. Definizione perfetta. Le storie di Sophie nascono da confessioni raccolte, annotazioni, ricordi privati, gesti spiati, rielaborazioni d’esperienze proprie e altrui. Esperimenti sull’emotività e l’identità condotti con un rigore estremo.
La grande retrospettiva organizzata dal Centre Pompidou è arrivata lo scorso settembre al Martin-Gropius-Bau di Berlino. La mostra raccoglie opere che vanno dagli ultimi ’70 fino ai ’90 e include alcuni nuovi lavori prodotti dal museo francese.
Concepito come un unico, lungo percorso, il raffinato Exquisite Pain (‘84-‘03) è un’articolazione di fotografie e testi, lungo un tracciato temporale bidirezionale. Un evento privato (l’abbandono da parte dell’uomo amato) fa da perno emotivo. 92 immagini (Countdown to Unhappiness), tratte dal soggiorno in Oriente che precede il lutto amoroso, riportano ognuna un timbro, a indicare, giorno per giorno, il conto alla rovescia verso il momento tragico. Le pareti della stanza adiacente sono scandite da 72 dittici (Updown to Happiness), fotografie di una stanza d’hotel e di memorie sparse, accostate a teli di lino –uno bianco e uno nero, alternativamente – su cui sono ricamati dei testi: la descrizione del medesimo episodio, ripetuto come una cantilena…
Il momento in cui arriva la telefonata, in quella camera d’albergo, a Nuova Delhi… Ma il racconto si fa sempre più sintetico e freddo, man mano che i giorni procedono. Il tempo lenisce il dolore e i ricordi si affievoliscono.
Facce sconosciute, spiate da vicino (quelle di Unfinished, Cash Machine, ’03, riprese di nascosto davanti a un cash dispenser); camere d’albergo in cui intrufolarsi, cercando dettagli intimi e storie da ricostruire; uomini e donne invitati a dormire nel suo letto, fotografati nel sonno per tutta la notte (The Sleepers, ’79)…
L’universo di Calle si popola di racconti, furti, sentimenti, provocazioni gentili. Senza sbavature, esponendosi a un’ossessiva, poetica nudità.
helga marsala
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