Lamia Joreige (Libano, 1972) ha vissuto in Libano dal ’75 al ’91, durante i terribili anni di guerra, per poi emigrare in Francia. Le sue fotografie e le sue istallazioni sono il frutto di questo dramma. Una ferita profonda, l’ossessione del conflitto che si esprime in un sonno disturbato, mai appagato, uno stato di semicoscienza costantemente interrotto. Sonno e dormiveglia, presenza e assenza, qui e altrove. Questo malessere Lamia lo esprime bene attraverso le due video-installazioni Il Sonno e L’abbraccio. Una serie di macro fotografie dal titolo Accordi Perduti, presenta la pelle umana come un sottilissimo tessuto cellulare, quasi trasparente, su cui è possibile vedere tutte le ferite che si nascondono al di sotto, violentemente impresse sulla superficie.
“Qui e forse altrove, la violenza si manifesta nell’assenza di sangue, in questo particolare momento in cui il reale si dissolve, e la perdita dell’altro diviene possibile”, dice la Joreige. E il suo “qui e altrove” è il sintomo di un’enorme destabilizzazione geografica: quella del suo allontanamento dal Libano, quella dei profughi cacciati dalle rovine della loro terra, tra posti di blocco e zone interdette.
Il lavoro di Wael Shawky (Alessandria, 1971) si colloca invece in un contesto geografico specifico, ricreato all’interno di un tendone da circo. Due videoinstallazioni sono allestite su una superficie di terra smossa, una collocata all’interno di una casa di mattoni: il paesaggio che Shawky vuole ricreare è quello della lontana terra di Nubia, nell’Egitto meridionale. Per spostarsi da un’installazione all’altra bisogna attraversare dei palchi di legno. La terra, la costruzione di mattoni e il ponteggio precario indicano l’importanza che l’artista attribuisce ai materiali, usati per dare forma alla sua rappresentazione del sociale. I video proiettano ininterrottamente scene di vita quotidiana, persone che si picchiano in uno stato quasi di trance e vecchi talk show egiziani in bianco e nero. Risuona nella stanza un continuo contrapporsi tra voci di vita reale in presa diretta, voci artificiali dello spettacolo televisivo e musica elettronica lounge.
I protagonisti dei video appaiono ipnotizzati dalla paranoia del presente, dall’immaginario collettivo e dalla finzione del reale.
“Ho cercato di costruire una società. Un sistema di società in transizione, una condizione che non è chiara… in trasformazione”. Shawky usa un procedimento inverso a quello della Joreige. Se l’una trova nel sogno l’angoscia del reale, l’altro prende le mosse dalla realtà alla ricerca di una rappresentazione personale e alterata del presente.
chiarastella campanelli
Mostra visitata il 24 marzo 2004
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