Allo stesso tempo, nel corso del tempo, ma in un unico spazio. In queste due mostre sembra riuscita la magia di far convivere opere molto diverse, o realizzate da artisti appartenenti a generazioni differenti, come l’espansione continua e palpitante di un unico universo sensoriale. 5’000’000’000 d’Années è un titolo a doppia valenza, che indica sia la sessione di mostre prevista per la prossima stagione espositiva che la mostra collettiva attualmente in corso. Visione ideologica e concettuale tipicamente francese o piuttosto apertura verso la fusione delle narrative storiche e ideologiche in una sorta di editing postproduttivo, come auspicato dal suo principale promotore Nicolas Bourriaud?
Nella maggior parte di queste installazioni è la luce a tracciare traiettorie molteplici nello spazio, per cui l’approccio dello spettatore è del tutto aleatorio. C’è una dinamica che permette di cogliere con un unico sguardo i neon (Weeping Neonly) di Francois Morellet e il corridoio abbacinante di fari (Perfect 2) di Lang/Baumann, o la luce proveniente dalla centinaia di candele disseminate sui rottami di due moto da Mark Handforth (Honda, Vespa). Il tutto in una visione dall’efficacia intensissima, la stessa che sottintende l’effetto illusorio del cinema come trasfigurazione del reale. Sembra quindi che il vero scopo della mostra, in quest’ottica della contaminazione e del prelevamento, sia quello di indagare sulla complessità dei rapporti tra arte contemporanea e visioni cinematografiche, tra luce forma e movimento, volume e tridimensionalità.
Il dinamismo della struttura in acciaio di Vincent Lamouroux (Scape) attraversa letteralmente la parete, che si apre per farla passare, collegando le opere tra loro con la sua permanenza. Gone di Tony Matelli mette in scena il rapporto dell’uomo con la propria naturalità, tra il suo essere organismo biologico e il suo sentirsi una creatura trascendente, proprio come in 2001 Odissea nello spazio di Kubrick. Cloudless di Loris Cecchini invece, invita lo spettatore ad osservare con uno sguardo differente lo smisurato potere trasfigurante della visione, in questo caso un’immensa nuvola bianca realizzata in un materiale plastico leggero e traforato sospesa davanti alla trasparenza della vetrata d’ingresso.
Une Seconde une Annee, la collettiva che affianca la mostra principale, riesce a trasmettere bene la complessità e le contraddizioni dell’arte nella nostra epoca e a mettere in evidenza il ruolo della temporalità nel percorso della fruizione. Si crea un rapporto imprevedibile tra opera e pubblico, a volte accelerato, altre volte attivato lentamente, come accade ad esempio, nel celebre pezzo di Alighiero e Boetti Lampada annuale (1966): una scatola che contiene una lampadina che si accende solo una volta all’anno.
In Twistle, Lara Favaretto mette in scena il concetto di conversione dell’energia, costruendo un’installazione con materiali d’uso quotidiano. Fernando Ortega in Fly Electrocutor, una lampada per fulminare gli insetti, crea una situazione che svela i processi cinetici di trasformazione, non dimenticando, con una certa ironia, il dubbio uso che se ne fa. Ogni opera viene attivata seguendo un preciso percorso temporale stabilito dall’artista, lo spazio è soltanto un’unità di misura valida per i minimi e massimi fenomeni, e questo dipende dal senso dell’universo visibile che l’artista ha in sé, intrinsecamente connesso col senso della propria esistenza.
maya pacifico
mostra visitata il 16 novembre 2006
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