A Herakleia l’archeologia diventa contemporanea: un’opera totale tra arte e natura

di - 15 Dicembre 2025

Nella piana costiera ionica della Basilicata a Policoro, terra di illimitata fertilità e ricchezza idrica dove le stratificazioni storiche di città della Magna Grecia emergono dal paesaggio, ha ripreso vita il Parco Archeologico di Herakleia che si propone come rinnovato spazio pubblico e palcoscenico contemporaneo nell’abbracciare le arti, sfidando la musealizzazione classica e recuperando la dimensione spirituale legata alla natura. Se, come suggerisce Giorgio Agamben, «L’archeologia è la sola via di accesso al presente», SIRIS, l’atteso intervento di STUDIO STUDIO STUDIO, inaugurato a novembre 2025, si pone esattamente su questa soglia, tra il Museo Archeologico Nazionale della Siritide e il mare, creando forme nuove di pellegrinaggio culturale, in una zona occupata e sacra già in età arcaica, oggi diventata parco per tutti.

Gijs Van Vaerenbergh, Rovina Inversa, Siris © Roberto Conte

La genesi: laboratorio interdisciplinare che interpreta l’archeologia

L’operazione è nata sotto l’egida del Ministero della Cultura e del Segretariato Regionale per la Basilicata (ora con funzioni trasferite alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio), affidata allo studio dell’artista Edoardo Tresoldi, con la direzione artistica di Antonio Oriente e i contributi di Gijs Van Vaerenbergh (Pieterjan Gijs e Arnout Van Vaerenbergh), Selva Aparicio e Max Magaldi con Claudia Fabris e Daniela Pes.

«Non un’operazione di ricostruzione, ma di riconnessione tra il passato e la contemporaneità», chiarisce il Direttore Generale Musei Massimo Osanna, attraverso la creazione ex novo di opere d’arte rivolte alla comunità, libere interpretazioni che evocano e recuperano lo spirito originario del luogo, che pur insistendo sull’area archeologica si collocano nella quotidianità urbana di Policoro.

Siris, Inaugurazione © Emanuele Taccardi

Intento tradotto in un’attualizzazione del parco, intriso di significati antropologici e sociali e ancora abitato dai pascoli, nel dialogo tra le preesistenze archeologiche – in particolare il Tempio Arcaico e il Santuario di Demetra, oggi poco leggibili a causa del limitato stato di conservazione – ­ e i linguaggi dell’arte, architettura, scultura, musica, poesia, cinema, che ne trasformano gli equilibri classici.

SIRIS, dal nome della prima colonia greca insediatasi nel VII sec. a.C., è un’opera totale, un intervento ambientale che, progettualmente, si inserisce nella ricerca e pratica estetica di Tresoldi, non direttamente a firma dell’artista nato a Milano nel 1987, bensì del laboratorio interdisciplinare da lui fondato, che ha operato in maniera corale e site specific a partire da una prima residenza sul territorio nel 2021.

Rovina Inversa: l’architettura che ribalta il tempo

Il fulcro visivo dell’intervento è l’installazione dello duo belga Gijs Van Vaerenbergh che, costruita con materiali industriali, di primo acchito sembrerebbe inserirsi nel solco delle opere in rete metallica note di Tresoldi, dalla Basilica di Siponto (2016) al progetto monumentale in corso di realizzazione nell’area archeologica di San Pietro a Bari, con cui l’artista dà volume alle rovine quale “presenza nel presente”.

Gijs Van Vaerenbergh, Rovina Inversa, Siris © Roberto Conte

Situata al posto del Tempio Arcaico, l’opera Rovina Inversa si presenta come una struttura reticolare in acciaio alta 12 metri che ingloba e sospende parti smussate del perimetro del tempio, accenni della trabeazione e delle murature, del frontone e dei rocchi delle colonne, celebrando la monumentalità dell’alzato andata perduta, volendo richiamarne le proporzioni originali e i valori formali ma senza imitazione filologico didascalica.

Le forme monche della peristasi intrappolate nella griglia, realizzate in alveolare e malta, simulano un’erosione posticcia della pietra, svelando un ribaltamento concettuale e fisico: invece di ricostruire dalle fondazioni, gli architetti materializzano la porzione superiore del tempio, sospendendola nello spazio e nel tempo. Questa intenzione di “teatralizzazione” della decadenza permette di mantenere visibili le tracce autentiche del basamento sul suolo, garantendo la provvisorietà e reversibilità dell’impalcatura. L’effetto è di imponente pesantezza seppure, come in una scenografia teatrale appunto, questa architettura sia tecnicamente leggera.

Sul meccanismo concettuale dell’inversione e dell’impermanenza si fonda un filone di lavoro dei Gijs Van Vaerenbergh che, dal 2010, indagano criticamente e richiamano l’artificialità dei processi ricostruttivi delle rovine storiche, a cominciare dal restauro ottocentesco operato sul Partenone ateniese.

Il rituale della materia, la riconnessione col sacro e i miti fondanti

La soluzione plastica proposta per il tempio, un landmark nel paesaggio dolce di Policoro e “cella” accogliente aperta nel parco, trova poi piena corrispondenza nella vibrante sonorizzazione del sound artist Max Magaldi, sodale di Tresoldi, dal titolo Arbosonica, una mappatura dei suoni ambientali abbinati ai versi della poetessa Claudia Fabris e al cantato della musicista Daniela Pes, che prevede un ascolto intimo e personalizzato per i visitatori: in cuffia a conduzione ossea, lasciando che si mantenga il contatto uditivo con i rumori reali, grazie a un’applicazione di geolocalizzazione che si attiva lungo la Vallata Mediana secondo gli spostamenti di ognuno.

Siris, Inaugurazione © Emanuele Taccardi

Un’aggiunta all’ecosistema esistente, cogliendone l’aspetto eterno per cui, come afferma Magaldi, il suono ha il potere di una macchina del tempo. Tra la materia delle rovine e il patrimonio immateriale delle esperienze, nell’insieme si affermano i temi della virtualità reale e della natura aumentata. «Il tempio di pietra è sparito hai visto? / Il tempio ora è il corpo della Dea. / Il tempio è il parco / erbe che da millenni muoiono e rinascono», declama Fabris.

Il percorso che ne risulta è sinestetico, puntellato altresì dalle sculture dell’artista spagnola Selva Aparicio. Chora è il gruppo di sette stazioni votive, inglobate nella flora del cosiddetto Bosco Sacro, che portano al Santuario di Demetra, contribuendo ad attivare una nuova ritualità contemplativa e selvatica in un ambiente primordiale e fertile. Se Rovina Inversa guarda al cielo, Aparicio ci riporta alla terra, erigendo degli altarini decorati con la tecnica del calco botanico da piante raccolte in loco, invito per i passanti a depositare desideri, preghiere e memorie.

Selva Aparicio, Chora, Siris © Emanuele Taccardi

Un pellegrinaggio ispirato dai miti greci lì fondanti, di Demetra e Persefone, legati al ciclo naturale vita-morte-rinascita e la cui eco è nei suoni, nelle parole e nel canto, attributi proprio della manifestazione del divino nelle culture mediterranee, che creano quella che Oriente definisce un’ucronia: una estensione fuori dal tempo che potrebbe appartenere a qualsiasi epoca, che armonizza l’elemento architettonico-umano con quello ancestrale-naturale. Per vivere il luogo oggi e non ri-vivere il luogo di ieri, «Con un discreto sforzo di immaginazione ci fissiamo nel presente, abbracciando ciò che resta per dare forma a ciò che siamo, alla ricerca di tracce possibili per trattare le questioni dell’esistenza», chiosa Tresoldi.

Verso l’Ecomuseo Archeologico

Si passa dalla contemplazione passiva a una esperienza coinvolgente, in quattro dimensioni, incidendo il vissuto nella memoria del pubblico, monumento al momento, coinvolgendo anche il cinema che restituisce i passaggi del progetto in un documentario con la regia di Giovanni Troilo.

Siris, Inaugurazione © Emanuele Taccardi

Con SIRIS si ridefinisce la funzione pubblica e simbolica del sito, intervento inserito nella più ampia iniziativa di Valorizzazione delle aree sacre del Parco Archeologico di Herakleia e realizzazione di un Ecomuseo, finalizzato ad accentare l’origine magnogreca del territorio in continuità con l’attiguo Museo e il permeante contesto naturalistico tutto attorno. Così dal luglio scorso è partita un’altra campagna di scavi e ricerche.

À la Anselm Kiefer, «L’arte sopravvivrà alle sue rovine»: l’arte contemporanea, che piaccia o no, diventa la nuova pelle dell’archeologia.

Storica dell’arte, e-writer e fotografa, collabora con il Dipartimento delle Arti Visive dell’Università di Bologna dove si è specializzata in Psicologia dell’arte con una ricerca in Neuroestetica. Dal 2011 lavora nell’editoria e nella Comunicazione & Marketing aziendale. È socia della IAAP - International Association for Art and Psychology, impegnata in azioni di promozione culturale.

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