Alla vigilia della fine: quando l’arte ci mette in guardia dall’apocalisse imminente

di - 29 Marzo 2025

Il mondo andava in fiamme alla fine degli anni sessanta e in questo clima di conflitto viene scritto da P.F.Sloan il brano musicale Eve of Destruction. La canzone di protesta è un grave avvertimento di una apocalisse imminente, nel brano vengono espresse le frustrazioni e le paure di una generazione che entra in scena contestando la guerra nucleare, lo stallo della guerra fredda, l’ignobile guerra del Vietnam, consapevole e partecipe nel sostenere i diritti civili e i crimini razziali.

Se pensavamo di avere creato le basi etiche, giuridiche ed istituzionali per una società solida, la storia si ripete. Ci troviamo completamente annichiliti in un mondo che non riconosciamo più: violento, privo di regole, di guerre efferate dal Sudan all’Ucraina a Gaza, di inganni, di supremazia a discapito della fratellanza, di mancanza di tutele, di incontinente soggiogazione per i più deboli, la natura e la sua biodiversità.

In questo clima claustrofobico la mostra Eve of Destruction curata da Teresa Kamencek e visitabile fino al 5 aprile 2025 alla Christine Koenig Galerie di Vienna, presenta i deprimenti parallelismi con la situazione politica mondiale odierna, 60 anni dopo l’uscita della nota canzone di protesta. Alla luce della situazione attuale, la direzione mi dice quanto sia «Importante mostrare le posizioni politicamente rilevanti che non diano l’impressione di puntare il dito, ma piuttosto cerchino di riaccendere la consapevolezza verso l’impegno civico e socio-culturale». La mostra si compone di lavori noti e inediti di celeberrimi artisti: Ovidiu Anton, Kiri Dalena, Jimmie Durham, CLAIRE FONTAINE, Famed, Leon Golub, Nicholas Grafia, Pieter Hugo, Anna Jermolaewa, Nikita Kadan, Johanna Kandl, Radenko Milak, Jonathan Monk, Yoko Ono, Sikelela Owen, Alona Rodeh, Nancy Spero, Sisley Xhafa.

Eve of Destruction, veduta della mostra, Christine Koenig Galerie, Vienna, 2025

A differenza degli anni’60 sembrerebbe manchino molte voci attive nell’impegno civile e socio-culturale. Forse quando si sta vivendo sulla propria pelle la crisi ci si sente ancor più una voce sola nel vuoto.

Ritornando alla collettiva, colpiscono i noti ritratti della serie Looking Aside, del 2003, di Pieter Hugo. In questa occasione sono tre i lavori scelti dalla serie Looking Aside: Hugo rivisita questo stesso tipo di ritratto rettilineo su uno sfondo neutro, concentrandosi sui sudafricani affetti da albinismo, un gruppo spesso soggetto a discriminazione ed esclusione sociale. Siamo in Sud Africa, le regole immonde della segregazione razziale hanno lacerato un paese portando le differenze anche fisiche verso l’esasperazione. Spesso ci viene insegnato di non fissare coloro che sembrano “diversi”, una norma sociale che rafforza l’istinto di distogliere lo sguardo. Tuttavia siamo costretti a chiederci cosa significhi “diverso”, chi lo definisce e perché continuiamo a perpetrare tali etichette.

Eve of Destruction, veduta della mostra, Christine Koenig Galerie, Vienna, 2025

La storia ha ripetutamente mostrato le conseguenze catastrofiche delle ideologie basate sulla classificazione, dimostrando come abbiano spinto l’umanità sull’orlo della distruzione. Un esempio lampante sono i documenti di identità che i neri sudafricani erano tenuti a portare con sé durante l’apartheid, che includevano un numero di identificazione di tredici cifre e una foto ritratto, uno strumento burocratico di segregazione e controllo.

Segue a metà galleria la famosa serie Erased Slogans di Kiri Dalena che comprende 97 fotografie che documentano le proteste di massa contro la dittatura di Ferdinand Marcos nelle Filippine (durata dal 1965-1986). Le fotografie provengono dagli archivi del Manila Chronicle e mostrano momenti di resistenza politica. Tuttavia, Dalena interviene deliberatamente in queste immagini rimuovendo tutti gli slogan visibili dai cartelli di protesta. Questo lavoro è stato esposto molte volte in tutto il mondo. La direzione della galleria mi dice che «L’edizione 1/1 è stata venduta da tempo, ma Dalena ci consente di offrire il suo AP a istituzioni selezionate».

Eve of Destruction, veduta della mostra, Christine Koenig Galerie, Vienna, 2025

Di Yoko Ono è esposto Wish Tree, realizzato dal 1996 al 2025, un olivo di dimensioni variabili. Dagli anni Novanta, l’artista ha invitato persone di tutto il mondo a prendere parte a un rituale semplice ma profondo: scrivere i propri desideri e legarli ai rami di un albero vivo. Ispirato alla pratica infantile di Ono di legare i desideri agli alberi dei templi in Giappone, il progetto riflette il suo impegno per l’attivismo politico, l’azione collettiva e il potere dell’arte di sfidare i sistemi oppressivi e promuovere la solidarietà.

All’interno dello spazio espositivo, questi alberi diventano densi di speranze e desideri, creando un monumento vivente al desiderio collettivo e alla fede nel cambiamento. In un mondo segnato da disordini politici, distruzione ecologica, disuguaglianza e sfollamento, la disperazione può sembrare inevitabile.

Wish Tree si oppone silenziosamente a questo, ricordandoci che la speranza non è ingenuità ma una necessità. In questo modo, Wish Tree diventa un archivio rappresentativo in evoluzione del desiderio umano, la prova che anche in tempi turbolenti, continuiamo a immaginare un futuro migliore.

Eve of Destruction, veduta della mostra, Christine Koenig Galerie, Vienna, 2025

Alona Rodeh ha realizzato per la mostra un’opera video completamente nuova: Eternal Flame è una rievocazione cinematografica che utilizza tecnologie di gioco 3D e imita un incidente avvenuto il primo gennaio di questo anno. Intorno alle 8:40 del mattino, una Tesla Cybertruck è esplosa di fronte all’ingresso principale del Trump International Hotel di Las Vegas. Come sappiamo dai fatti di cronaca, l’autista, Matthew Livelsberger, un soldato delle forze speciali statunitensi che aveva prestato servizio in Afghanistan e in altre zone di guerra, si è sparato poco prima dell’esplosione. Altre sette persone sono rimaste leggermente ferite. In una nota lasciata sul suo cellulare, ha scritto: «Questo non è stato un attacco terroristico, è stato un campanello d’allarme. Gli americani prestano attenzione solo agli spettacoli e alla violenza. Quale modo migliore per far passare il mio messaggio di una acrobazia con fuochi d’artificio ed esplosivi? Perché l’ho fatto solo ora? Avevo bisogno di purificare la mia mente dai fratelli che ho perso e liberarmi dal peso delle vite che ho preso».

Se i fatti sono così cruenti da lasciarci annichiliti, bisognerebbe rispondere alla violenza con uno STOP: Fermarsi vuol dire resistere. “STOP” è un cartello luminoso, che ricorda i cartelli fatti a mano che si trovano spesso nei parcheggi: improvvisati, grezzi e, soprattutto, urgenti. La sua struttura è spoglia e delicata, porta con sé la sottile poesia delle cose create con mezzi minimi. Posizionato all’interno della mostra, assume un nuovo ruolo: un segnale allo spettatore di fermarsi, di cogliere non solo ciò che è presente, ma anche ciò che è assente. È sia un avvertimento che un invito, che sollecita la riflessione prima che il movimento riprenda, realizzato dal duo Claire Fontaine.

Eve of Destruction, veduta della mostra, Christine Koenig Galerie, Vienna, 2025

Una mostra può cambiare la nostra vita? Una mostra può cambiare il destino di una società? Ebbene si può creare la riconsiderazione di qualcosa di diverso, da oggi.

@https://twitter.com/camillaboemio

Scrittrice d'arte, curatrice e teorica la cui pratica indaga l'estetica contemporanea; nel 2013 è stata curatrice associata di Portable Nation, il padiglione delle Maldive alla 55.° Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, dal titolo Il Palazzo Enciclopedico; nel 2016 è stata curatrice di Diminished Capacity, il primo padiglione della Nigeria alla XV Mostra Internazionale di Architettura, con il titolo Reporting from the Front; nello stesso anno ha partecipato a The Social (4th International Association for Visual Culture Biennial Conference) alla Boston University. Nel 2017, ha curato Delivering Obsolescence: Art Bank, Data Bank, Food Bank, un Progetto Speciale della 5th Odessa Biennale of Contemporary Art. E’ membro della AICA (International Association of Arts Critics). Boemio ha scritto e curato libri; ha contribuito con saggi e recensioni a varie pubblicazioni internazionali, scrive regolarmente per le riviste specializzate, e i siti web; ha tenuto parte a simposi, dibattiti e conferenze in musei e festival internazionali.

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