La mostra Bagliori nella selva segna uno snodo che va oltre l’inaugurazione di una personale: per Andrea Lelario e per la Galleria La Nuvola di Roma, l’apertura rappresenta anche l’ingresso ufficiale dell’archivio dell’artista all’interno degli spazi e delle collezioni storiche della galleria. Un gesto istituzionale e culturale, che affianca Lelario ai nomi che hanno segnato la genealogia della Roma contemporanea — dalla Scuola di Piazza del Popolo a Forma 1, dall’Arte Povera ai protagonisti di via Margutta.
L’acquisizione, presentata in occasione dell’iniziativa Via Margutta. Palcoscenico delle arti, ratifica un rapporto consolidato tra artista e galleria ma questo ingresso assume una connotazione significativa anche per il panorama romano, alla ricerca di nuove forme di continuità generazionale. La Nuvola sarà infatti custode di un patrimonio di matrici, incisioni, taccuini e documenti che raccontano 30 anni di ricerca sul segno, tutelando una pratica che ha saputo attraversare media ed è approdata in istituzioni e contesti diversi.
La mostra, curata da Alice Falsaperla con intervento critico di Antonella Sbrilli, abita La Nuvola come una stanza di memoria stratificata. Le incisioni e le matrici su rame dialogano con i celebri taccuini, centro pulsante della produzione di Lelario: un archivio interno fatto di micron 0.3 su cartoncino, acquerelli rarefatti, fotoincisioni e grafiti fuori scala. Qui il frammento diventa lessico, il dettaglio si espande oltre il bordo della pagina, il segno si fa esplorazione psichica.
Il titolo, Bagliori nella selva, restituisce l’immagine del lavoro di Lelario: un sotto-bosco fitto e inquieto, attraversato da scintille improvvise, illuminazioni che emergono dagli archetipi, dal mito, dagli studi junghiani, dalle iconografie antiche. L’omaggio a Dürer si intreccia con il paesaggio mentale del Grand Tour, in un ambiente dove il viaggio geografico coincide con quello interiore. Ciò che appare come un groviglio di forme è in realtà un sistema protettivo, un tessuto simbolico che custodisce quel rapporto instabile che ognuno intrattiene con la propria interiorità.
Lelario, del resto, ha costruito la propria ricerca proprio all’incrocio tra tecnica e coscienza, tra anatomia del segno e archeologia delle immagini. Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma in incisione e decorazione, vincitore del Premio Accademia di Belle Arti di Roma nel 1990, ha attraversato negli anni accademia e spazio pubblico, curatela e grandi mostre istituzionali.
Dal mosaico realizzato per la metropolitana di Roma alla partecipazione alla XIV Quadriennale (2003), dalla Biennale di Venezia del 2011 al LXV Premio Michetti, fino alla recente attività tra Cina e Europa, la sua traiettoria è stata segnata da una profonda fedeltà al suo linguaggio. Le collaborazioni con William Kentridge, il documentario Rai The making of, le opere scelte per inaugurazioni istituzionali dell’Università Tor Vergata, l’antologica Nomadi del sogno al Mattatoio (2024) e la recente mostra Un racconto lungo un viaggio alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (2025) sono alcune tappe della sua carriera.
L’acquisizione dell’archivio da parte della Galleria La Nuvola, dopo quella dei Taccuini di viaggio da parte della GNAMC e delle incisioni agli Uffizi, consolida dunque un lungo percorso durante il quale Lelario ha sempre operato per restituire al disegno e all’incisione una centralità pienamente contemporanea.
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