Brazil Pavilion façade, Riccardo Tosetto. Fundação Bienal de São Paulo
Continua a delinearsi il panorama della prossima Biennale d’Arte di Venezia, in programma dal 9 maggio al 22 novembre 2026, con l’annuncio del progetto che rappresenterà il Brasile: saranno Rosana Paulino e Adriana Varejão, due delle artiste più influenti della scena contemporanea brasiliana, a occupare gli spazi del Padiglione nazionale ai Giardini, sotto la curatela di Diane Lima. Il progetto, intitolato Comigo ninguém pode – espressione popolare che in portoghese significa “nessuno può con me” ma che è anche il nome della pianta tropicale Dieffenbachia Schott – vuole proporre una riflessione poetica e politica sui temi della protezione, della tossicità e della resilienza.
Attraverso il dialogo tra le due artiste, Comigo ninguém pode promette di restituire una visione potente della storia coloniale e delle sue metamorfosi. Rosana Paulino e Adriana Varejão, pur provenendo da percorsi diversi, condividono una ricerca che interroga le cicatrici delle ferite collettive e il modo in cui queste continuano a modellare le identità e i corpi contemporanei.
Per Diane Lima, il progetto rappresenta «Un atto di resistenza e di conoscenza», in cui il sapere popolare e la forza delle donne diventano strumenti di autodifesa e di libertà immaginativa. «Quando il “me” diventa “noi” nasce un processo collettivo di affermazione e sovranità», ha spiegato la curatrice.
Il progetto del Padiglione Brasile dialogherà con il tema generale della 61ma Biennale d’Arte di Venezia 2026, In Minor Keys, titolo lasciato in eredità dalla curatrice Koyo Kouoh, prematuramente scomparsa, e portato avanti dal collettivo curatoriale da lei designato. In questa cornice, il Padiglione Brasile si preannuncia come una delle presenze più significative: un intreccio di linguaggi e memorie che, partendo dalle ferite del passato coloniale, cerca nuove armonie nel presente globale.
Nata a Rio de Janeiro nel 1964 e tra le voci più riconosciute dell’arte brasiliana, Adriana Varejão costruisce da decenni un linguaggio visivo che combina il trauma coloniale con la sensualità barocca e la materialità della pittura. Le sue superfici, spesso attraversate da fenditure e colature ceramiche, evocano la violenza della storia e il suo potere di rigenerazione.
Artista, ricercatrice e docente, Rosana Paulino, nata a San Paolo, nel 1967, è nota per la sua indagine sull’identità afro-brasiliana, sulla rappresentazione delle donne nere e sulle narrazioni cancellate dalla storiografia ufficiale. Il suo lavoro, radicato in un profondo senso politico della memoria, intreccia tessuti, incisioni e installazioni in cui il gesto riparativo assume un valore simbolico e collettivo.
Le due artiste trovano un terreno comune nel concetto di ferita coloniale: una matrice storica da cui far scaturire nuove possibilità estetiche e politiche. «Le nostre opere condividono il potere di una ferita che diventa linguaggio e che attraverso l’arte può essere trasformata in immaginazione e conoscenza», ha affermato Varejão.
Figura di punta della nuova generazione di curatrici latinoamericane, classe 1986, Diane Lima è una delle voci più rilevanti nel dibattito decoloniale internazionale. Dopo la sua esperienza nel team curatoriale della 35ma Biennale di San Paolo (2023), ha portato avanti progetti dedicati alla memoria diasporica e alle pratiche femministe nere in America Latina. La sua selezione per Venezia conferma la volontà del Brasile di proiettare una visione dell’arte nazionale come pratica critica e plurale, aperta al confronto con il Sud globale.
L’annuncio coincide con l’avvio dei lavori di restauro e rinnovamento del Padiglione del Brasile ai Giardini, un edificio modernista progettato negli anni Cinquanta, di proprietà del Ministero degli Esteri e oggi gestito dalla Fundação Bienal de São Paulo. Il progetto, che sarà completato in tempo per la Biennale 2026, prevede interventi architettonici e tecnologici per accogliere opere di grande scala e migliorare le condizioni di accessibilità e conservazione.
«La curatela di Diane Lima, insieme alla presenza di due artiste fondamentali come Paulino e Varejão, riafferma la complessità e la forza dell’arte brasiliana sullo scenario globale, in un momento di rinnovamento istituzionale e simbolico», ha dichiarato Andrea Pinheiro, presidentessa della Fundação Bienal.
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