Residenza Tagli, 2025, Iddu
Iddu, qui, sul suo fianco scosceso, il buio è rovente e tutta la terra è nera. A Stromboli nasce Tagli e si modifica ogni volta in qualcosa di diverso: una residenza d’artista indipendente che, da sei anni, trasforma una casa privata in un laboratorio di convivenza creativa. Fondata da Ilaria e Alvise Baia Curioni, legati all’isola per biografia e altro ancora, TAGLI è un’esperienza che intreccia intimità e paesaggio, pratiche artistiche e linguaggi differenti, comunità locale e sguardi distanti.
In questa intervista, alla vigilia dell’Open House del 3 agosto 2025, evento conclusivo della sesta edizione, i fondatori raccontano l’origine del progetto, il senso di coltivare un’esperienza indipendente su un’isola fragile e potente e cosa accade quando sei artiste e artisti internazionali e una compagnia di danza contemporanea – Maria Luce Cacciaguerra, Giuli Dal Lago, Valentina Furian, James Oscar, Giovanna Repetto, Davide Sgambaro e i Vìrāgo – condividono spazio e tempo in un’occasione che induce alla prossimità e all’ibridazione. Un racconto che attraversa il fuoco del vulcano, la memoria familiare, il coinvolgimento profondo della comunità isolana e le forme del fare arte nel presente.
Come è nato TAGLI? Cosa ha spinto a trasformare una casa privata di Stromboli in una residenza d’artista?
«Tagli è nato nel 2021, in modo molto semplice. Volevamo dare lo spazio della casa a chi volesse dare inizio a qualcosa di proprio, che potesse parlare all’altro. Poi ci è sembrato che fosse una chiave fondamentale mescolare le carte, mettere insieme pratiche diverse e lontane fra loro, costringere a un dialogo schietto e adatto a ciò che è diverso da ognuno. Il centro è la radice del proprio lavoro. La casa privata di Stromboli era semplicemente l’unico luogo in cui potevamo farlo fisicamente. Lo spazio permette la commistione, il lavoro simultaneo di più pratiche, la restituzione del percorso che si è seguito.
I limiti dati dall’isola impongono agli artisti confini ben precisi sulle restituzioni che rendono le scelte sui lavori necessariamente più immediate e istintive rispetto a quelle che si farebbero in città. Stromboli è oggetto di “studio” da parte di chi produce fin dagli anni ’70 quando ospitava il festival d’Aprile dell’accademia di belle arti di Berlino. E poi Giovanni Anselmo, Lia Rumma, Marina Abramović, e Volcano Extravaganza di Nicoletta Fiorucci e il festival Del Fuoco hanno “abitato” l’isola a lungo prima di Tagli. Ancora oggi l’isola pullula di diverse attività di produzione artistica».
Cosa significa per voi, oggi, coltivare un progetto indipendente in un luogo così particolare?
«In parte lo abbiamo già accennato. Sicuramente è un lavoro molto intimo. È un luogo in cui nostra nonna veniva a lavorare con amici pittori negli anni ’80, dove noi siamo cresciuti. Scegliere di lavorare su un’isola così fortemente dominata dalle potenze naturali — il vulcano erutta ogni 15 minuti e non ci sono baie per proteggersi dai maremoti — e allo stesso tempo così antropizzata, impone di coltivare e condividere una relazione profonda con gli spazi e le persone che li abitano. Per noi è essenziale lavorare con chi vive Stromboli tutto l’anno e la conosce davvero. Per quanto presenti e assidui, restiamo comunque dei turisti».
TAGLI si fonda sulla convivenza e sull’incontro. Cosa accade quando artistə di provenienze diverse vivono e lavorano insieme in un ambiente come Stromboli?
«Questa è quasi una domanda privata…cheeky. Prima di tutto l’attrito. Chi arriva viene investito dal luogo e dalla convivenza con persone molto diverse. Spesso si protegge, come naturale reazione allo scontro/incontro. Il tempo passato a condividere quotidianamente uno spazio che entra sottopelle costringe i “residenti” a trovare un linguaggio comune, che rompe le distanze naturali e crea una relazione unica, la cui chimica esiste solo qui, in questo specifico luogo. Poi, cambia. La necessità di farsi comprendere dall’altro, umanamente e professionalmente, è la chiave iniziale».
Ogni edizione è diversa. Cosa potete raccontare di questa sesta edizione e delle ricerche che stanno prendendo forma?
«mmh…credo che l’unico modo di poterne parlare sia essere qui all’Open House. Quest’anno si è andati in direzioni molto diverse rispetto al passato: l’intimità e l’esposizione personale e diretta sono diventate protagoniste, partendo da progetti che potenzialmente non la includevano».
Cosa vedrà e vivrà il pubblico durante l’Open House del 3 agosto?
«Quest’anno, il protagonista sarà il buio. L’Open House si svolgerà di notte. A Stromboli, il buio è una presenza densa, che riempie gli spazi vuoti, segna e inghiotte i confini. La casa è il fulcro, ma le opere saranno installate anche altrove, in punti lontani eppure chiaramente visibili. Sarà un paesaggio notturno costellato da presenze luminose e sonore, un tragitto da percorrere. La performance inizierà con la lettura di poesie e continuerà con la recitazione di racconti in varie lingue, capaci di restituire la sensazione di mettere piede per la prima volta a Stromboli. Poi si evolverà poi in un percorso di connessione con la natura e la sua antropizzazione, non giudicata…Per orientarsi: seguite le luci».
In che modo la comunità locale partecipa o entra in relazione con il progetto?
«La comunità permette al progetto di funzionare. I cavi, gli oggetti, le ApeCar, i passaggi, i montaggi, la lava, l’apnea. Tutto è frutto di scambi con la comunità. Le conoscenze sull’isola, le lezioni sul vulcano, l’utilizzo della biblioteca di Stromboli, interamente gestita da volontari che tengono viva la produzione culturale anche d’inverno. È la curiosità reciproca — degli artistə per l’isola e dell’isola per gli artistə — che genera pensieri nuovi, con un proprio linguaggio.
Durante la residenza realizziamo due o tre attivazioni in giro per l’isola: in luoghi pubblici o di vita quotidiana. E così un artista ha disegnato una sirena sullo scafo di una barca da pesca, o ha esposto al bar, al vivaio…Se passate da Stromboli andrete alla “Libreria”, dove Flaminia Veronesi nel 2024 ha realizzato un’opera site-specific sulla facciata della cucina. Alcune performance sono avvenute in piazza, al campo da calcio, o a casa di altri. Quest’anno, la lettura di poesie tratte dal libro Murmur sempre alla Libreria, e la performance di Virago in una casa privata aperta al pubblico, hanno anticipato ciò che accadrà. Sono momenti importanti di incontro con la comunità.
Gli artisti dialogano con artigiani e abitanti dell’isola per portare avanti il loro lavoro. L’interazione con la comunità è parte del senso stesso di ciò che facciamo».
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