Ducato Prize: le nuove voci del contemporaneo in mostra a Piacenza

di - 5 Ottobre 2025

Percorrendo lo scalone d’onore di Palazzo Farnese a Piacenza non è difficile arrendersi all’ampiezza e alla magnificenza degli spazi, lasciando che per un secondo la mente vaghi e si proietti nella Storia, in un tempo che non la riguarda eppure a suo modo la include. Sede dei Musei Civici e dell’Archivio di Stato, il Palazzo troneggia sulla piazza della Cittadella, delimitata simbolicamente sul fronte nordorientale dalla cinta muraria e, non distante, dal corso del Po. La sua costruzione risale alla metà del XVI secolo ed è forse in quel periodo storico che la mente si concede di soggiornare temporaneamente mentre viene trasportata oltre la prima, la seconda e infine la terza rampa per approdare, infine, al primo piano. Una svolta a sinistra ed è possibile intravedere gli interni della Cappella Ducale, un gioiello manierista incastonato nella più sobria architettura vignolesca del Palazzo: è qui che presente e passato si incontrano. Un tempo dedicata alla celebrazione di importanti occasioni religiose legate alla famiglia Farnese, la cappella ottagonale sovrastata da volumi a doppia altezza ospita oggi la restituzione finale dell’ultima edizione del Ducato Prize, che dal 2019 promuove un dialogo tra l’arte contemporanea e il territorio del ducato di Parma e Piacenza con l’intenzione di promuovere e sostenere la pratica di artisti nazionali e internazionali in grado di suscitare con la loro ricerca una riflessione critica sugli aspetti più significativi del presente.

Ducato Prize 2025

La mostra, in corso fino al 9 novembre, include le opere di tredici artisti finalisti, le cui opere affrontano aspetti centrali della società come l’identità e la natura umana, le mutazioni sociali e ambientali, la crisi economica e quella geopolitica.  A dare forma e misura a questo attraversamento del presente è stato ancora una volta Giacomo Pigliapoco, al quale è stata affidata per la seconda volta la direzione artistica del Premio, un appuntamento ormai centrale nel panorama dell’arte contemporanea italiana, capace di raggiungere un’audience internazionale di altissimo livello. La restituzione finale è senza dubbio una testimonianza della qualità dell’iniziativa: non si tratta di una semplice selezione di opere ma di un progetto espositivo a tutto tondo, capace di restituire con chiarezza pratiche e sguardi tra loro distanti ma sempre accomunati dall’urgenza di dare forma agli interrogativi più pressanti del nostro presente.

Ducato Prize 2025, Yuyan Wang

Ad accompagnare la lettura di queste individualità è stato anche l’intervento allestitivo di Fosbury Architecture 一 studio collettivo già protagonista del Padiglione Italia durante la Biennale d’Architettura 2023 一 incaricato per la seconda volta della progettazione dell’exhibition design. Rispettoso del contesto ma incisivo e leggibile, l’approccio adottato da Fosbury Architecture per la Cappella Ducale è consistito nell’adozione di un modulo fisso 一 un pannello metallico nero disposto e combinato in forma di paraventi, fondali e quinte teatrali 一 capace di articolare lo spazio ottagonale in una partitura leggera ma efficace pensata per orientare lo sguardo senza mai bloccarlo e per sostenere le opere senza sovraccaricare il delicato contesto ospitante. Il risultato è un equilibrio delicato nel quale l’architettura dialoga con le opere e ne accoglie la presenza senza rinunciare alla propria forza espressiva. La bellezza austera della cappella non viene oscurata ma ridefinita e temporaneamente abitata da un intervento temporaneo la cui eco, tuttavia, risuona forte in tutto il Palazzo.

Ducato Prize 2025, Installation view

E se di eco si parla, vale la pena ricordare le opere degli artisti selezionati. Alcuni lavori si confrontano con le crisi ambientali ed ecologiche, come quello di Yuyan Wang, vincitrice della categoria Contemporary, che con Green Grey Black Brown (2024) presenta un video monocanale installato su una distesa di erba sintetica. L’opera riflette sulle logiche estrattive globali e sull’illusione della tecnologia come soluzione universale all’emergenza climatica, mentre l’erba finta sotto i piedi diventa simbolo di una natura artificiale, manipolata, svuotata. Una riflessione visiva e tattile sulla violenza strutturale del sistema petro-capitalistico, che si impone nello spazio con sobrietà e intensità.

A ricevere il riconoscimento per la categoria Academy è invece Joyce Joumaa, con l’opera video Untitled (2025): un loop apparentemente semplice, in cui un calcolo matematico infinito scorre sul modesto schermo analogico di una calcolatrice portatile. Celata dietro la ripetizione ipnotica è la narrazione dell’inflazione in Libano e del suo impatto devastante sulla vita quotidiana: il numero cresce smisuratamente, una metafora della svalutazione che travolge inevitabilmente ogni certezza economica.

Ducato Prize 2025, Joyce Joumaa, Academy

Le ricerche degli altri finalisti costruiscono una costellazione di linguaggi che attraversano fotografia, performance, suono e video. Rage (2024) di Yumna Al-Arashi (1988) è un mosaico di immagini e corpi, una narrazione a 800 fotogrammi per secondo che, a partire da suggestioni dantesche e botticelliane, ambisce a decostruire le eredità coloniali e a ridefinire la rappresentazione femminile; George Hraoka Cloke (1992) lavora sulla memoria visiva e uditiva per ricostruire una geografia ideale fondata su temi quali ecologia, inclusione sociale e progettazione urbanistica utopica; la pittura di Besnik Lushtaku (1999) muove a partire dalla memoria come catalizzatore della decontestualizzazione di soggetti eterogenei. Yanqing Pan (2002) documenta l’inesorabile evoluzione della sua città natale con installazioni tattili e stratificate, dove materie organiche interagiscono e si fondono, mentre Ylenia-Gaia Dotti (1999) indaga con la performance il tema del trauma e della violenza di genere. Non mancano interventi scultorei come quelle del collettivo TOMBOYS DON’T CRY, che porta in mostra un lavoro politico sull’identità queer, un’installazione di lingue in silicone sospese in aria che gioca sull’espressione idiomatica e misogina “avere la lingua lunga”, generalmente associata alla sfera femminile. Nel video Diffusion (2024) Cao Shu (1987) affronta poeticamente il tema dell’ibridazione tra realtà e intelligenza artificiale, mentre Andro Eradze (1993), al quale è stato assegnato il Premio Residenza presso Villa FIlanda Antonini a Treviso, evoca una natura fuori controllo, silenziosa e inquietante, al confine tra animale e bestiale. Vincitrice del Premio Residenza presso AMA House (Atene), Pascale Birchler si ritrae in forma di scultura e rappresenta la tensione dell’immobilità, il momento che precede parola e il movimento. Evan Ifekoya (1988) affronta con tagliente umorismo il tema della negoziazione tra l’identità nera e quella individuale. Infine, Ileana Arnaotou e Ismene King (1994, 1993) 一 vincitrici del Premio Residenza che le vedrà ospiti presso la VV Foundation in Lettonia 一 lavorano sulla creazione di un paesaggio a metà tra il naturale e l’antropizzato con una scultura fatta di porzioni di barche e pale eoliche, un relitto capace di evocare scenari distopici e parlare, seppur sottovoce, del dilagante sentimento dell’eco-ansia.

Ducto Prize 2025

Visitare questa mostra è un’esperienza che non impone percorsi ma certamente invita alla deriva. Ogni opera è una soglia, un frammento di presente che chiede di essere compreso e sviscerato con attenzione. E in questo equilibrio instabile tra il silenzio della Storia e la voce urgente del contemporaneo, Ducato Prize si delinea non solo come premio ma come spazio ricettivo, di ascolto e confronto, capace di far emergere voci inedite e interrogativi urgenti in un tempo che, ora più che mai, ne ha bisogno.

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