Emilio Vedova, da documenta 7 alla Thaddaeus Ropac Gallery

di - 24 Marzo 2022

Alla galleria Thaddaeus Ropac di Londra è in esposizione “Emilio Vedova: documenta 7“, una mostra che riunisce le monumentali tele del pittore veneziano esposte nella settima edizione di documenta, curata da Rudi Fuchs. L’esposizione, attraverso un gesto di riesumazione, vuole rinnovare l’importanza della pratica artistica di Emilio Vedova anche in rapporto al mondo contemporaneo. L’intento è quello di ri-affermare la centralità del suo operato anche sui temi attuali che circolano nell’arte a livello internazionale, nonostante la distanza temporale – e non solo – che separa documenta 7, che si svolse nel 1982, dal mondo di oggi.

Nella sua carriera, Vedova ha vissuto tra tradizione e avanguardia e ha svolto un ruolo centrale nel forgiare un nuovo percorso per l’arte italiana, acclamato anche da Peggy Guggenheim come uno dei pittori più importanti dell’Europa del Dopoguerra. L’artista veneziano ebbe anche un proficuo e duraturo sodalizio con Georg Baselitz, che una volta descrisse il suo lavoro come «Tutto ciò che il cuore potrebbe desiderare».

Per approfondire i temi della mostra, abbiamo incontrato Silvia Davoli, Associate Director della Thaddaeus Ropac.

Emilio Vedova: documenta 7 presso la Galleria Thaddaeus Ropac di Londra

Emilio Vedova è un artista italiano fortemente radicato nel contesto sociale e politico del suo Paese. Cittadino di Venezia, nonostante la notorietà a livello internazionale, il pittore è sempre rimasto legato al suo popolo. Quali sono state le motivazioni che vi hanno spinto a portarlo per la prima volta in UK? In che modo la sua pittura si relaziona al contesto sociale della Londra contemporanea?

«La galleria ha il privilegio unico di riunire ed esporre, per la prima volta dal 1982, cinque tele monumentali che Emilio Vedova ha prodotto per la storica mostra documenta 7. Questa mostra offre l’opportunità di far luce sull’importanza della sua figura che, soprattutto nel Regno Unito, è stata a lungo sottovalutata. Sebbene la sua pratica artistica rimandi al contesto dell’Arte Informale e dell’Espressionismo Astratto, Vedova si è sempre distaccato da questi movimenti. Vedova è stato riconosciuto da colleghi artisti e curatori come uno dei pittori astratti più influenti del dopoguerra, ma il fatto che il suo lavoro non rientri in categorie specifiche ha in parte contribuito a renderlo meno noto oggi.

Un altro motivo per cui abbiamo voluto mostrare il lavoro di Vedova è che nel 2018 una serie di opere di Georg Baselitz degli anni ’80 è stata esposta alla galleria londinese. É stato per noi naturale pensare di esporre i dipinti di Vedova con un’attenzione sullo stesso decennio, data l’affinità artistica e l’amicizia che li ha legati.

Inoltre, la partecipazione attiva dell’artista alla Resistenza in Italia influenzò profondamente la sua pratica che, soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, aveva una forte carica politica. La sua sensibilità verso le questioni sociali, politiche ed esistenziali tocca temi sempre contemporanei e universalmente rilevanti, non solo a Londra, ma in tutto il mondo».

Emilio Vedova e Georg Baselitz

Vedova è un artista conosciuto fin dagli inizi degli anni ’40 e, come detto, si distinse da subito per una fervente attività politica, dedicandosi anche a un’ampia produzione artistica. Come mai la scelta di riproporre proprio l’Emilio Vedova del 1982, a documenta 7?

«Gli anni ’80 sono caratterizzati da un riconoscimento internazionale della pittura post-espressionista e dell’arte europea. Questo decennio rappresenta l’apice della carriera di Vedova: il suo lavoro è veramente in grado di riflettere lo spirito del tempo. In particolar modo, l’anno 1982 è fondante in quanto segna la sua quarta partecipazione a documenta e alla Biennale di Venezia».

In che modo, secondo voi, il linguaggio pittorico dell’Emilio Vedova degli anni ’80 si potrebbe relazionare al contesto artistico contemporaneo?

«Gli anni ’80 hanno segnato un ritorno alla pittura con movimenti come la Transavanguardia italiana, oltre che mostre storiche tra cui “Zeitgeist” nel 1982 al Martin-Gropius-Bau di Berlino e “A New Spirit in Painting”, tenutasi alla Royal Academy di Londra nel 1981.

Anche oggi si sta vivendo un nuovo ritorno a questo mezzo artistico. Non a caso la Hayward Gallery a Londra ha esposto “Mixing it Up: Painting Today”, una mostra che ha riunito dipinti di 31 artisti contemporanei. Allo stesso modo, nel 2020 la mostra “Radical Figures: Painting in the New Millennium”, alla Whitechapel Gallery, presentava dipinti figurativi di una nuova generazione di artisti, celebrando un mezzo che era stato “pronunciato morto negli anni ’80″».

La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, istituita dal Maestro e dalla moglie, ha come scopo essenziale la valorizzazione dell’arte e del lavoro di Emilio Vedova e lo studio della sua figura nella vicenda artistica del XX secolo. Com’è stato collaborare con loro nel dare nuova vita a questo ciclo di lavori?

«La nostra collaborazione con la Fondazione risale al 2015 grazie all’introduzione del Direttore Artistico del tempo, Germano Celant. Tuttavia, il rapporto tra Emilio Vedova e la galleria è iniziato negli anni ’90.

Il lavoro della Fondazione è estremamente rigoroso e approfondito su tutti gli aspetti di promozione e la diffusione dell’opera di Vedova. Fin dall’inizio della nostra collaborazione, la galleria ha ospitato diverse mostre delle opere dell’artista: la prima nel 2015, a Salisburgo con la presentazione di nuove opere di Baselitz in giustapposizione a opere degli anni ’80 di Vedova; poi al Paris Marais, nel 2018 con un’indagine storica sull’opera dell’artista e ora a Londra.

Negli ultimi tre anni sono state realizzate numerose mostre anche all’interno degli spazi della Fondazione. In termini di progetti futuri, “Rainer–Vedova: Ora”, a cura di Helmut Friedel e Fabrizio Gazzarri, aprirà al Magazzino del Sale e allo Spazio Vedova a Venezia il 21 aprile ed è la continuazione di una mostra svoltasi lo scorso anno all’Arnulf Rainer Museum, a Baden intitolata “Emilio Vedova – Arnulf Rainer: Tiziano Look”».

La galleria vanta sedi internazionali e un ricco programma espositivo. Come si colloca la mostra “Emilio Vedova documenta 7” all’interno della vostra programmazione? A cosa vi state dedicando per il prossimo futuro?

«La nostra programmazione spazia da artisti che si sono recentemente uniti alla galleria a nuove opere di artisti con cui abbiamo rapporti di lunga data. Inoltre lavoriamo a stretto contatto con i lasciti degli nostri artisti. Con il programma che include le nostre gallerie di Londra, Parigi, Salisburgo e Seoul, il pubblico diventa ogni giorno più internazionale. Durante la pandemia ci siamo anche concentrati molto sulla diffusione digitale permettendoci di raggiungere nuove e meravigliose connessioni con collezionisti e pubblici a livello globale.

Il nostro programma comprende una serie di mostre personali e collettive con un focus particolare, fornendo contesti diversi in cui visualizzare il lavoro degli artisti. Ad esempio, A Focus on Painting curato da Julia Peyton-Jones alla galleria di Londra nel 2020, ha visto la partecipazione di quattro artisti di generazioni diverse e in momenti diversi della loro carriera, tra cui Rachel Jones e Mandy El-Sayegh con cui ora abbiamo stabilito una collaborazione.

Lavorando insieme alle fondazioni dei nostri artisti, come la Fondazione Robert Rauschenberg e la Fondazione Donald Judd, abbiamo l’opportunità di esplorare ulteriormente la loro eredità, sia che si tratti di opere iconiche o di lavori meno conosciuti, sia riunendo gruppi di opere che gettano nuova luce sulla loro opera. È il caso di “Emilio Vedova: documenta 7”, ma anche della mostra recentemente chiusa a Salisburgo Villa Kast su Arnulf Rainer che ha caratterizzato i lavori da lui realizzati per la Biennale di Venezia del 1978, o della presentazione nel 2019 alla galleria londinese delle opere che VALIE EXPORT prodotto per la Biennale di Venezia del 1980».

Emilio vedova: documenta 7

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