Galeries Bartoux, Venezia
A Venezia, a pochi passi dalle Gallerie dell’Accademia, Galeries Bartoux, gruppo internazionale fondato nel 1993 da Robert e Isabelle Bartoux, inaugurerà venerdì, 10 ottobre, la sua prima sede italiana nell’ex Cinema Accademia, edificio iconico del sestiere di Dorsoduro, caro a tutti i veneziani e riportato a nuova vita dopo un lungo restauro.
Lo spazio, di ben 1.200 metri quadrati, si sviluppa all’inizio del cosiddetto Miglio dell’Arte e si articola in più ambienti: sale espositive, un ampio cinema immersivo, un Café des Arts e un giardino di sculture aperto al pubblico. La direzione della nuova sede è affidata a Lorenza Lain, veneziana, già nota per il suo impegno nella promozione culturale cittadina.
Con quest’apertura, Galeries Bartoux introduce anche il format Bartoux Experience, pensato per fondere arte e tecnologia. A dicembre, la galleria inaugurerà questo progetto con la mostra Dalí è Venezia, in collaborazione con Dalí Universe, che presenterà una selezione di sculture, dipinti e litografie del maestro del Surrealismo. L’esposizione sarà accompagnata da un film immersivo che trasforma la Serenissima in un sogno surrealista.
L’ex Cinema Accademia, attivo dal 1928 al 2002 e conosciuto per la programmazione d’essai, sorge a sua volta su un teatro del XVI secolo. Il restauro, durato due anni, ha rispettato le travi lignee, le pietre a vista e le boiserie originali, restituendo alla città una delle sue architetture più amate.
«Per me è un’emozione incredibile ridare vita a un luogo iconico, chiuso da troppo tempo», ha raccontato Lorenza Lain. «Le sale accoglieranno artisti italiani e internazionali e mostre immersive aperte al pubblico: molto più di una galleria, un dialogo continuo tra creatività, storia e comunità».
Ma dietro la promessa di “una nuova casa per l’arte contemporanea”, si cela anche un sintomo ormai familiare per Venezia: la riconversione di spazi storici in sedi private del sistema dell’arte globale. L’ex Cinema Accademia, un tempo luogo popolare e accessibile, diventa ora una vetrina per un marchio internazionale già presente in Parigi, Londra, New York e Miami. Un segno ulteriore di come la città, sempre più laboratorio dell’economia culturale globale, rischi di trasformare la propria memoria urbana in un palcoscenico di esperienze estetiche firmate, spesso più pensate per il visitatore che per il cittadino.
Con questo progetto, Venezia guadagna senza dubbio un nuovo tassello nel suo ecosistema culturale, in una zona, come quella di Dorsoduro, già popolata da istituzioni come le Gallerie dell’Accademia, la Collezione Peggy Guggenheim e Punta della Dogana. Ma resta aperta la domanda su quale tipo di “accessibilità” l’arte contemporanea possa davvero offrire in una città sempre più segnata da processi spettacolarizzazione.
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