Inventario Varoli, ph: Michele Buda
Nel cuore della Bassa Romagna, nella pianura tra Faenza e Ravenna, il piccolo paesino di Cotignola è da tempo centro propulsore di una nuova sensibilità artistica che ruota attorno alle attività curate da Massimiliano Fabbri per il Museo Civico locale, intitolato a Luigi Varoli. Scultore e pittore vissuto nella prima metà del Novecento, Varoli nella sua carriera ha aperto la sua arte anche a numerose sperimentazioni, come quella della ceramica. Il Museo a lui dedicato è un luogo testimone della complessità della sua arte, custode di opere oggetti che l’hanno continuamente ispirato nella sua ricerca. L’arte di Varoli torna oggi a ispirare quella delle nuove generazioni che da anni Fabbri riunisce ciclicamente nel piccolo paesino romagnolo in progetti espositivi, tra cui ricordiamo la lunga e fortunata serie di mostre intitolate “Selvatico”. In occasione delle chiusure per il recente lockdown, il tempo della produzione è conciso in maniera ancora più evidente con quello della riflessione sull’eredità che Varoli ha lasciato nel paesino di Cotignola. Di qui nasce il progetto “Inventario Varoli” che si è configurato come un ricco programma di residenze “istantanee”, di poco di ventiquattro e quarantott’ore (nei periodi più estremi d chiusura anche “a distanza”), che hanno riunito nel museo romagnolo cinquantanove artisti, protagonisti della scena artistica nazionale, che da nord a sud si sono ritrovati in un confronto aperto sulle opere presenti nel museo e sugli oggetti che compongono la sua ricca ed eterogenea collezione che comprende oltre trecento pezzi, tra cartapeste, sculture, disegni, libri, fotografie, reperti. Il risultato di questi mesi di residenze, lo ritroviamo visibile oggi in una mostra diffusa nella piccola cittadina romagnola che raccoglie una restituzione preziosa di questi momenti e una mappatura della nuova creatività italiana. Si va quindi a Cotignola per vedere il lavoro dei tanti artisti riuniti da Fabbri e così facendo si conosce Luigi Varoli e il valore della sua ricerca.
Tra i nomi coinvolti nell’Inventario Varoli troviamo Angelo Bellobono, Mirko Baricchi, Domenico Greci, Jacopo Casadei, Rudy Cremonini, Valentina D’ Accardi, Giulia Dall’Olio, Elena Hamerski, Andrea Grotto, Beatrice Meoni, Elisa Muliere, Matteo Nuti, Stefano W. Pasquini, Luca Piovaccari, Massimo Pulini, Giovanni Blanco, Chris Rocchegiani, Giulio Saverio Rossi, Alessandro Saturno, Thomas Scalco e Silvia Vendramel senza dimenticare lo stesso Massimiliano Fabbri, pittore raffinato e di una grande sensibilità, sempre aperto allo scambio e al confronto con il lavoro degli altri colleghi.
Al riguardo, lo stesso Fabbri dichiara: “Penso davvero al bisogno di costruire comunità, per quanto effimere, mobili e precarie. Che significa l’esatto opposto di schieramenti, bande e squadre. Alla necessità vitale di continuare a crescere e scambiarsi esperienze. E migliorare possibilmente. Non so se sentirsi parte di qualcosa. Fare un tratto di strada insieme, intorno a un tema comune, o a una stanza, o un’idea. Anche a un museo certo. Dal museo al paesaggio. Congiungere. Collegare. Connettere”.
Il percorso espositivo si snoda lungo l’intera cittadina, innestandosi idealmente lungo un asse che unisce le due sedi dell’antico Palazzo Sforza, oggi sede del Museo Civico Luigi Varoli e dell’Ex Ospedale Testi, che per l’occasione è stato riaperto al pubblico come nuova sede espositiva.
Passeggiando tra le strade di Cotignola sembra quasi di essere in una piccola Venezia – anche se l’acqua è ancora lontana – visitando un Padiglione Italia di una Biennale che nasce in provincia e che forse proprio per questo racconta meglio il nostro Paese, quello vero, quello che ci mostra l’oggi e che non è schiavo di una ricerca spasmodica per un consenso internazionale; un’Italia fiera, insomma, che si mostra per quello che è, nella sua purezza e nella sua ingenuità – e anche nelle sue debolezze – ma con un’estrema coerenza ed eleganza.
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