La scultura di Immacolata Datti nasce dal suono: intervista all’artista

di - 17 Settembre 2025

In occasione della nona edizione di Sculture in Campo, che si terrà il prossimo 20 settembre 2025 a Bassano in Teverina, abbiamo incontrato Immacolata Datti che, insieme a Peter Kim, ha posizionato nell’area Il Bosco del Parco di Scultura Contemporanea tre sue opere: Porta del Monaco, 2009, Sezione di pilastro, 1991, Colonna, 1991. Scultrice dalla lunga carriera, Immacolata Datti ha lavorato precipuamente con la terracotta e, a partire da un’accurata monografia di Roberta Perfetti che ne descrive tutto il percorso artistico, abbiamo affrontato insieme alcune tematiche relative alla sua ricerca.

Ritratto di Immacolata Datti

Partendo dagli inizi della tua ricerca, ho notato che il primo periodo, parliamo degli anni ’70, è stato connotato da un forte impegno politico. In quegli anni, in cui realizzavi prevalentemente figure femminili con pance scavate e particolari anatomici assenti, com’è stato affrontare tematiche delicate come la maternità e la femminilità cercando una coerenza e un dialogo tra il femminismo, la fede religiosa e la politica militante di sinistra?

«Io ho avuto un’educazione completamente cattolica e mi sono avvicinata all’arte attraverso la professione di guida turistica che svolgevo già intorno ai vent’anni. Stando a contatto con le opere di Roma, ho capito di voler realizzare io stessa qualcosa e ho, quindi, iniziato a studiare autonomamente varie tecniche, dalla pittura alla scultura, ma mi sono innamorata della terracotta. A quel punto, ho acquistato tutto il necessario e in un piccolo studio ho iniziato la mia produzione.

Essendo politicamente attiva in quegli anni, mi sono resa subito conto che la figura della donna era poco considerata, quindi, ho abbracciato il femminismo. Certo, è vero, il mondo cattolico era indietro, ma quelli erano anni in cui anche la Chiesa a livello internazionale si era attivata, ponendosi domande. In quegli anni è stato indetto il Concilio Ecumenico Vaticano II, ci sono stati i preti sposati.

In queste riunioni internazionali, molto spesso ero io l’unica donna qui a Roma, a parte le mogli di alcuni preti, e ho capito di esser vista come un’intellettuale. Sono stata ad esempio eletta più volte rappresentante dell’Associazione 7 novembre ’71. Il fatto che io mettessi insieme la scelta di essere cattolica, femminista e di sinistra era sì peculiare, ma strano solo per chi ragiona per schemi predefiniti, perché son tre cose che, per i temi che affrontano, possono benissimo andare d’accordo. È un’idea preconcetta pensare che non possano essere accomunate. Per cui, i cattolici mi invitavano a parlare di femminismo in riunioni anche riservate solo a figure ecclesiastiche, tutti preti e io che parlo di femminismo! Certo, io stessa ero molto meravigliata, ma c’erano tematiche che si potevano affrontare…».

E tu in quegli anni tu hai sviluppato una ricerca sulla figura femminile?

«Per qualche anno ho fatto tutte donne, solo donne. Donne senza testa, perché mi dicevo “a cosa serve la testa alle donne?”, oppure, senza pancia. La donna soffre moltissimo, spesso non viene riconosciuta. La maternità ad esempio a volte è una scelta, ma a volte è un destino. Mi chiedevo, quindi, se si potesse essere liberi di scegliere una cosa o l’altra. Tutti questi problemi venivano fuori dalle sculture, per cui ad esempio l’U.D.I. (Unione Donne Italiana – 1976, Mostra personale presso il Circolo di Roma Carlo Levi) mi fece fare una grande mostra. Io, poi, amo le figure forti, gli aspetti legati alla dolcezza non mi sono mai interessati».

Campane, 2003

Guardando alla fase successiva della tua ricerca, quella delle sculture sonore, ho trovato, paradossalmente una continuità in quelle parti che tu andavi a scavare. Quei vuoti creati all’interno delle sculture sonore, che servono a rendere il suono della scultura, nel momento in cui non siano inseriti meccanismi terzi, mi hanno un po’ ricordato invece i ventri che tu andavi ad eliminare dalle figure femminili. Come se ci fosse, concettualmente, un’attenzione alla ricerca sul vuoto. Puoi confermarlo?

«Questo è vero. Sai, quando ho iniziato a lavorare con il suono è stato come salire di livello. Come ho raccontato, un giorno è accaduto uno strano fatto. Ero all’interno della Cappella Sistina, era appena iniziato il restauro, e ho visto l’immagine di una figura femminile bellissima, con un’aria semplice ed elegante. Improvvisamente, nelle mie orecchie, sento un accordo in DO maggiore, come se lì ci fosse un musicista. Ma com’era possibile?! Vedo una cosa e sento un suono? A quel punto ho volto in questo senso la ricerca, perché percepivo ci fosse qualcosa di molto più profondo del solo dato fisico e qui il suono è divenuto l’anima delle sculture.

In quella fase il mio stile era ancora legato alle forme tonde, con i vuoti, si trattava di una fase di passaggio in cui, la scelta più semplice è stata inserire corde o strumenti da suonare. Poi mi son detta che non era possibile continuare con mezzi artificiali, doveva essere la scultura di per sé a produrre il suono, come nei casi in cui risuona col vento ed è quindi legata alla natura. Quando poi son passata a voler produrre sculture di maggiori dimensioni in cui vi fosse legato il suono, ho compreso, anche per ragioni pratiche, che concepirla sulla base di moduli mi consentiva di realizzarla senza vincoli di grandezza, ma con una ragion d’essere specifica.

La creazione in tanti moduli ti consente di realizzare una scultura potenzialmente eterna, senza fine! Infatti, ho iniziato a fare anche forme piccole, a terra, che potevano essere percosse o sulle quali si poteva camminare, ognuna con proprio suono».

Tornando sulla questione delle forme, a un certo punto passi a quelle più geometriche, che denotano forse una sorta di distacco intellettuale, una razionalizzazione della figura. Questa modifica è legata a una visione della scultura? Cosa è successo in quella fase che ti ha portato a cambiare le forme?

«Sono andata verso la Geometria. Vedi, da una cosa materiale io cerco di salire. Prima gli ho dato un suono, per dargli un’anima. Poi, addirittura, vado verso i numeri, la Geometria, che è molto legata alla Numerologia. Viene fuori un discorso molto più elevato.

Per fare un esempio, la gran parte delle mie sculture ruota intorno al numero 4. Il 4 diviene 434, perché la parola DALET, che in ebraico significa “porta” ma anche “quattro”, ha tre consonanti e ognuna di esse è in correlazione con un numero. Messe insieme viene fuori 434, in cui i 4 sono gli stipiti e il 3 rappresenta il passaggio, il cammello. Infatti, la parola 3 in ebraico significa “cammello”, ciò che passa, che attraversa. Ma il “cammello” siamo noi, noi che attraversiamo questa porta!

Se c’è una porta, infatti, vuol dire che c’è uno spazio chiuso e, d’altro canto, se lo spazio chiuso necessita della porta da cui poter uscire, per essere libere e andare oltre, sempre più verso l’alto. Per cui tutta la mia ricerca è fondata su una visione di crescita, di evoluzione e innalzamento, intellettuale soprattutto».

Senza titolo, 1982

E tu ne hai realizzate molte di porte. Gran parte della tua scultura “monumentale” sono porte e in parte anche labirinti.

«I labirinti son venuti prima delle porte ed erano anche legati al concetto dei moduli. Da lì son andata verso le porte, perché mi interessava tutto ciò che fosse chiuso.

Vedi, la parola “Pairidaeza”, da cui deriva il nostro “Paradiso” biblico, in persiano avestico significa “muro” o “recinto”. Da qui nasce il mio interesse nei confronti dell’immagine delle porte: se c’è un recinto chiuso ci deve essere una porta, “Dalet” il numero 4, che mi consenta di uscire dal recinto in cui ci troviamo.

In una delle opere scelte per Sculture in Campo, la Porta del Monaco, il fulcro della scultura non è rappresentata dalle colonne o dai capitelli, ma dal vuoto! E se tu lo guardi vedrai che quella è una forma umana, sono io! Ho preso le mie misure esatte per realizzarla, c’è giusto lo spazio per far passare me stessa. Anche con difficoltà, potevo uscire dallo spazio chiuso e andare al di là, verso ciò che non conosco!

O anche la Porta Egizia in realtà è come un labirinto circondato da sculture, che sono sempre colonne e capitelli, le parti strutturali della porta. Ma il passaggio interno non avviene in maniera diretta, sei costretto a muoverti a zig-zag per poterne uscire».

Trovo affascinante il fatto che tu abbia approfondito molto gli studi antropologici e dei miti di popoli antichi.

«Quando ho sentito quell’accordo in DO maggiore nella Cappella Sistina, è come se mi si fosse posto un grande problema che dovevo necessariamente comprendere. Per questo ho iniziato a studiare le antiche religioni, i miti, le leggende dell’America del Sud, in cui ho fatto tanti viaggi.

Ho visto che c’è sempre un suono all’origine di tutto. La materia nasce dal suono, un’idea splendida per le sculture, che avevo però necessità di rendere intrinseco alla scultura, qualcosa che indurendo nella terracotta si fa opera e consente di andare avanti nella conoscenza.

Nella mia ricerca credo proprio di aver compiuto una crescita interiore, dalla materia allo spirito, forse in maniera inconscia all’inizio, è solo verso la fine che ho capito cosa stavo facendo. Anche quando ho realizzato la Porta del Monaco, non pensavo che fosse il vuoto la parte più importante, l’ho capito dopo e lì ho voluto dargli la mia forma e grandezza».

All’inizio quindi ti muovi più per curiosità, per un nuovo interesse?

«Col passare degli anni mi son resa conto di muovermi per cicli di nove anni. È come se si spegnesse una ricerca, provocandomi sofferenza, ma accade poi qualcosa che la rinnova. È stato così anche quando ho realizzato la Porta di Gilgamesh, ora a Cosenza, che è costituita da due pali in legno. In quel caso ho scoperto che il legno è un materiale affine alla terracotta, nell’indecisione di realizzare qualcosa di figurativo. Mi son chiesta se stavo tornando indietro, ma in realtà ho capito che non era così. Ho realizzato molte sculture, che si trovano nella maggior parte nel Giardino di Ghizzano, tutte legate a fatti della mitologia. Arrivata al 2019 ho deciso che non volevo fare scultura e mi sto dedicando alla scrittura. Ho avuto molti altri interessi, che però non erano la scultura».

Rivelarsi, 2004

Per quanto riguarda il concetto di perfezione, tu hai detto che non è qualcosa che ti interessa.

«La perfezione non è artistica a mio parere. Intendo la perfezione della forma. Quel che importa è quella forma che ti dà un colpo interiore. Non credo che la perfezione ti possa dar stimoli, se qualcosa vien fatto da una persona non può essere “perfetta”. Un manufatto sembra geometrico, ma non lo è. E allora lì c’è un discorso dentro, altrimenti tutti potrebbero farlo».

Mi sembra che nella tua ricerca ci sia sempre un ragionamento sull’atto o sul momento generativo, a partire dalla figura della donna, passando per il suono o per l’immagine della porta.

«È bella questa idea. Si, può essere benissimo. È come vivere sempre in maniera più alta.»

Quanto è stata importante per te la storia dell’arte antica? Ti sei mossa più in un senso di rottura o di ispirazione?

«Sai, tutto lo devo a Roma. Dai musei ai pavimenti cosmateschi. Non nella volontà di reinterpretarli, è semplicemente venuto in un’altra maniera».

Quanto è stato coraggioso scegliere di essere scultrice con la terracotta? Com’è stata la tua esperienza in questo senso?

«Il coraggio è forse più legato al fatto che non ho frequentato una vera e propria scuola d’arte, che mi dava “diritto” a essere effettivamente un’artista. Ma l’essere autodidatta si è poi rivelato molto utile, perché è proprio del mio carattere scegliere di fare autonomamente. Come anche nella pratica della scultura, dove scelgo di fare tutto da sola, senza aiuti esterni. Sono, però, molto soddisfatta della carriera che ho fatto».

Scultura sonora, 1980

Per quanto riguarda il materiale che utilizzi, la terracotta. Il tuo interesse è legato all’aspetto alchemico, alla capacità di passare dalla mollezza, che ti consente di dargli una forma, alla durezza. Non è quindi un materiale inerte, come la pietra, ma consente la modellazione. Volevo chiederti, quindi, quali altri motivi ti hanno fatto scegliere la terracotta come materiale d’elezione?

«Semplicemente perché mi è piaciuto molto. A mio discapito, potrei dire per la sua facilità di lavorazione. Ma soprattutto perché trovo godimento nella sua lavorazione. Penso di essere profondamente materica, anche per questo non ho trovato ispirazione nella pittura quando l’ho provata. D’altronde già da piccola mi piaceva raccogliere sassi e comporli».

Com’è stato il passaggio dalle misure piccole alle misure grandi?

«Sai, non ci vuole molto. È sempre una questione di tecnica, è stato l’utilizzo del modulo che mi ha consentito di passare agevolmente dal piccolo al grande».

Com’è stato, invece, il tuo incontro con Sculture in Campo?

«Sono stata molto felice di questa occasione. Sculture in Campo è un parco di scultura ideato come incontro tra opere e artisti diversificati, in cui è stato dato ampio spazio alle artiste donne. Abbiamo ragionato insieme sul posizionamento che ha consentito di trovare una coerenza tra le opere e il paesaggio anche a livello coloristico».

Articoli recenti

  • Mercato

L’inverno caldo della Miami Art Week 2025: cosa non perdere

Dicembre a Miami significa Art Week e Art Week significa tempo di fiera: tra Art Basel Miami Beach, UNTITLED Art,…

5 Dicembre 2025 10:21
  • Arte contemporanea

Hauser & Wirth arriva a Palermo: la nuova sede nello storico Palazzo De Seta

La super galleria internazionale Hauser & Wirth apre la sua prima sede italiana sul fronte mare di Palermo: concordato l’acquisto…

5 Dicembre 2025 10:21
  • Attualità

Città d’arte sotto pressione, se ne parla alla fiera Più libri più liberi

Alla Nuvola di Roma, in occasione della fiera Più libri più liberi, l’Associazione per l’Economia della Cultura apre un confronto…

5 Dicembre 2025 9:29
  • Libri ed editoria

Più libri più liberi 2025: la necessità del libro nel dibattito culturale contemporaneo

Fino all'8 dicembre Roma Convention Center – La Nuvola ospita l'edizione 2025 di "Più libri più liberi", la fiera nazionale…

5 Dicembre 2025 0:02
  • Mostre

Otto mostre site specific per il 2026 – 2027 di Pirelli HangarBicocca: i protagonisti

Da Benni Bosetto a Rirkrit Tiravanija, passando per un omaggio a Luciano Fabro: annunciate le mostre che animeranno gli spazi…

4 Dicembre 2025 18:43
  • Progetti e iniziative

Biscardo for Arts: arte e cultura vinicola per scoprire i luoghi storici di Verona

Un viaggio in quattro cortometraggi per raccontare quattro luoghi storici di Verona attraverso la calligrafia, la scultura, la musica e…

4 Dicembre 2025 17:37