Planeta Buonivini: la tenuta nel siracusano diventata un parco d’arte

di - 9 Novembre 2025

Man mano che ci si allontana dai grandi centri e dai principali poli artistici, i segni nel paesaggio diventano presenze intermittenti disseminate sul territorio: lo spazio sembra dilatarsi lentamente e raggiungere certi luoghi diventa un viaggio di scoperta, un atto di ricerca intenzionale. Malgrado le difficoltà pratiche che questo può comportare, la relazione con il contesto paesaggistico contribuisce a creare una disposizione sensibile che influenza il modo in cui si entra in contatto con le opere e i progetti artistici in esso presenti.

Planeta Buonvini

Nel cuore delle campagne del netino, in provincia di Siracusa, all’interno della tenuta Planeta Buonivini ha preso forma Costellazioni d’arte, progetto nato nel 2024 dall’idea di Valentina Bruschi, Vito Planeta e Ignazio Mortellaro. Proprio come suggerisce il titolo, il progetto si sviluppa come una trama di interventi artistici diffusi sul paesaggio collinare della tenuta, con l’obiettivo di costruire connessioni tra le opere e il territorio. I sette artisti coinvolti finora nel progetto – Vanessa Beecroft, Giuseppe Buzzotta, Claire Fontaine, Petra Feriancová, Emiliano Maggi, Ignazio Mortellaro, Pietro Ruffo – condividono inoltre tutti un legame con la Sicilia, per origine o per percorso professionale.

Claire Fontaine per Planeta Buonvini

Giunti alla tenuta, le prime opere a emergere in contrasto con i colori della terra e l’azzurro del cielo sono Primo punto dell’Ariete di Mortellaro e Vertebra di Feriancová. L’opera di Mortellaro – realizzata nel 2022 e prodotta dalla Fondazione Merz – è un connubio tra uomo e natura, esplorato nella sua forma più arcaica. La struttura principale dell’opera è una torre in acciaio Corten, alla cui sommità sono stati aggiunti due corni di ariete e di antilope in ottone; il carro/scala che si usa per accedervi e il suono dei corni diventano elementi di connessione rituale con la terra e il cosmo. L’installazione ideata da Feriancová cerca invece di sovvertire la prospettiva antropocentrica del medesimo rapporto uomo-natura. L’opera è costituita da tubi industriali in ferro e richiama la forma dello scheletro di una balena, oggetto simbolo delle collezioni dei più importanti musei di storia naturale. Collocandola in uno spazio esterno, l’artista mira ad abbandonare il retaggio del potere imperialista che le collezioni naturalistiche del XIX secolo portano con sé.

Vanessa Beecroft per Planeta Buonvini

Il percorso continua verso la Cantina invisibile progettata da Maria Giuseppina Grasso Cannizzo nel 2003, cuore pulsante della tenuta: all’interno di essa, un piccolo ambiente a vetrate ospita I Canzonieri, trittico scultoreo di Emiliano Maggi. Presentato in occasione del progetto Viaggio in Sicilia #9 ed esposto nel 2023 durante una performance multidisciplinare eseguita da Maggi e Cosimo Damiano, I Canzonieri crea una compresenza antinomica tra prima e dopo, giorno e notte, passato e futuro. Usciti dalla Cantina, sul tetto si erge l’installazione site specific dei Claire Fontaine, Patrarchy = CO2: composta da neon blu e in netto contrasto con la struttura architettonica, la scritta critica in maniera sintetica e provocatoria l’impatto che il sistema patriarcale e consumistico genera sul nostro territorio.

Emiliano Maggi per Planeta Buonvini

Esposte alle pareti dell’edificio adiacente alla cantina, vi sono invece le opere di Pietro Ruffo e Giuseppe Buzzotta, entrambe Senza titolo. Ruffo realizza una mappa su fogli di carta millimetrata intelaiati nei quali civiltà, culture e figure animali si stratificano in un unico quadro pancronico. Buzzotta invece allarga la prospettiva verso l’immateriale, rivolgendo lo sguardo alla Luna: elementi terrestri e cosmici si ritrovano a convivere, creando un equilibrio tra microcosmo e macrocosmo.

A completare questo itinerario ideale, si trova l’installazione monumentale Oval (o Untitled) di Vanessa Beecroft, che domina visivamente l’area circostante. L’opera, in gesso bianchissimo e di forma ovoidale, racchiude in sé le impronte lasciate dai corpi e dagli oggetti utilizzati durante la realizzazione, divenendo fragile traccia di un passaggio collettivo transitorio, eppure tangibile. Ormai giunti al punto più alto della tenuta, possiamo scorgere le opere come formassero una vera e propria costellazione di segni che, integrandosi con il paesaggio, lo trasforma e diventa parte di esso.

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