Corso Como_Yohji Yamamoto. Letter to the future_Photo credit Alessandro Saletta - DSL Studio_Courtesy of 10 Corso Como
Letter to the Future è il titolo della mostra dedicata a Yohji Yamamoto in corso a Milano ospitata dalla Galleria 10CorsoComo e visitabile fino al 31 luglio. Il percorso, impaginato con freschezza e semplicitĂ da Alessio deâ Navasques, spazia tra capi dâarchivio, abiti iconici da sfilata fino a creazioni piĂš recenti. Ă un viaggio dagli anni Ottanta fino a oggi, un dialogo tra passato e futuro, o meglio, una vera e propria lettera al futuro del designer giapponese.
Il titolo riprende una lettera che Yamamoto scrive alla madre, Fumi, figura fondamentale, insieme a quella di Rei Kawakubo, per la fondazione del brand e per la definizione della propria identitĂ creativa. Il futuro prende la forma della memoria individuale e collettiva ed è segnata, influenzata da ciò che chiunque abitava nella terra del Sol Levante era costretto a guardare con i propri occhi, le rovine su cui il Giappone tentava di costruire un futuro. Ed è proprio il post-atomico, periodo di ricostruzione, il barlume di una speranza a avvolgere la poetica di Yamamoto, che tenta di costruire un ponte tra passato e futuro, tralasciando il presente. Memoria e immaginazione, tradizione e innovazione. Fumi, sua madre, vedova di guerra, lavorava in maniera incessante come sarta, sostenendo lâinizio dellâattivitĂ di suo figlio, âla prima donna in nero della sua vitaâ, racconta il curatore Alessio deâ Navasques nei testi che accompagnano il percorso espositivo. La prima delle innumerevoli donne in nero della sua vita. Ă proprio il nero a dare inizio a una molteplice, mutante storia dâamore tra corpo e abito. Una narrazione potente, ostinata, rivoluzionaria. La mostra si compone di venticinque capi esposti su busti sartoriali, proprio per esaltare il pensiero del designer. Un modo intelligente di sottolineare lâoriginalitĂ del designer nipponico.
Semplice è anche la scelta di tessuti: feltro, lana, seta o lino, Yamamoto amava acquistarli nei mercati convinto che a dare senso, significato agli abiti è lâimmagine, la costruzione sartoriale e lâabilitĂ delle mani. Yamamoto definisce una nuova idea di preziositĂ che acquisisce valore attraverso la creativitĂ , la costruzione narrativa. Tessuti semplici, ma tagli complessi, sovrapposizioni di volumi, cuciture visibili, danno vita a una nuova geografia del corpo. Yamamoto buca la temporalitĂ , la schiavitĂš della stagionalitĂ e delle tendenze. La moda, la sua visione crea abiti atemporali, che vivono nel tempo. Lâimperfezione si fa perfezione. Non a caso uno dei primi abiti ad accogliere il visitatore è il cappotto con faux-cul della collezione autunno-inverno 1986-87, dalla silhouette unica, simbolo dellâincontro e fusione della cultura orientale con quella occidentale. Un abito iconico, immortalato da Nick Knight, straordinario fotografo che mette in evidenza questo mix culturale tra memorie di capispalla vittoriani che si ibridano nella parte posteriore in taffetĂ rossa con evocazioni orientali. Al suo fianco in mostra, come fosse un confronto, è posizionata la versione rivisitata del cappotto dellâultima collezione 2024-25, mantenendo lâiconica forma ma questa volta con faux-cul in cotone nero, come per tracciare una traiettoria continua tra passato e presente. Ă una proiezione nel futuro dove presente e memoria si incontrano, a volte collidono creando un tempo proprio, personale, è la moda di Yamamoto.  Non a caso il regista tedesco Wim Wenders, in Appunti di viaggio su moda e cittĂ , omaggia il designer. Wenders riceve in regalo una camicia e una giacca create da Yamamoto e da queste, inizia ad indagare sulle possibili somiglianze tra il linguaggio del cinema e quello della moda, tra il suo e il mestiere di Yamamoto. Emerge un ritratto raffinato e colto di una complessitĂ creativa capace di rivoluzionare la moda soprattutto agli inizi, negli anni Ottanta. Come il regista riflette sullâimmagine, nel cruciale passaggio dallâanalogico al digitale, cosĂŹ il designer crea, decostruisce silhouette e corpi, tessuti. La creazione risiede nei tagli, nella magnetica relazione che si sviluppa durante la trasformazione dei tessuti e il loro incontro con i corpi di chi li indossa.
Gli abiti di Yamamoto hanno un impatto comunicante, nella loro semplicitĂ ma allo stesso tempo complessitĂ , parlano da soli; ecco perchĂŠ la scelta dellâallestimento estremamente essenziale, luminoso, un set capace di esaltare i volumi, i tagli e i tessuti che danno vita ad abiti che liberano il corpo smontando e rimontando archetipi. Un ulteriore dettaglio che emerge dalla mostra è lâuso di tre colori assoluti e brillanti: bianco, nero e rosso che creano un effetto compositivo di elegante compenetrazione e fusione, come se gli abiti fossero unâunica installazione. Nella zona centrale i capi in rosso evocano lâidea di un battito cardiaco, profondo come un fuoco ardente, ma è il nero a dare struttura alla poetica di Yamamoto. Sin dagli anni â80, la prima presentazione parigina è del 1981 insieme allâallora compagna Rei Kawakubo, il nero è espressione del punk, delle controculture urbane ma il designer giapponese crea unâinnovativa estetica del total-black, attribuendogli una sofisticata eleganza.  Lâuso assoluto del colore con tagli, volumi piegati sono lâemblema della nuova relazione tra abito e spazio di Yamamoto.
Un messaggio fondamentale del percorso creativo e quindi della mostra è la sua atipica visione di moda, contraria alle tendenze, dove il corpo non è concepito come un oggetto su cui costruire, bensĂŹ è ciò che determina lâazione trasformativa, performativa sullâabito, un messaggio universale di libertĂ assoluta, di ricercata autenticitĂ e personalizzazione della moda. Yohji Yamamoto veste con i suoi abiti, corpi liberi che si spogliano di giudizi, stereotipi e sovrastrutture. Letter to the future sottolinea come la moda sia un linguaggio e, se vogliamo, autonomamente rivoluzionario e libero. âIo voglio disegnare il tempoâ, afferma Yohji Yamamoto, andando oltre, al di lĂ del concetto di un tempo cronologico.
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Passato e Futuro
una bella MOSTRA
mi ricorda la mia PRIMA collaborazione con ARTE-MODA a Roma
era il 1991 VALENTINO apriva con la Fondazione LIFE una collaborazione con l'ARTE - scopo aiutare bambini colpiti da HIV- nasce l'Accademia Europea Altieri promotrice nell'Alta Moda di alleanze con scuole d'ARTE e SolidarietĂ
La CINA ed il GIAPPONE sono stati i PRIMI PARTNER
oggi è l'UNESCO che promuove come Ambasciatori di PACE, ARTISTI che usano la loro ARTE per la PACE, sono tutte celebrità che fanno della DIVERSITA' un ponte fra i POPOLI per EVITARE o FERMARE le GUERRE