È un connubio tra danza, musica e filosofia la performance
Commedia del corpo e della luce_interrogazioni alle vertebre, realizzata a sei mani dal coreografo
Virgilio Sieni, dal compositore
Stefano Scodanibbio e dal filosofo Giorgio Agamben, in un perfetto equilibrio tra i diversi linguaggi.
Sulla scena del Teatro dell’Elfo, che ha ospitato la prima milanese dello spettacolo per il
Festival Exister_Contaminazioni, una successione di quadri emerge dall’oscurità, coinvolgendo il pubblico in un cammino verso la luce. Protagonisti, lo stesso Sieni e
Giuseppe Comuniello, un giovane non vedente alla sua prima esperienza teatrale. I due paiono uno lo sdoppiamento dell’altro: è incredibile come la presenza del giovane sia tanto intensa da mettere in ombra a tratti lo stesso Sieni, guidandolo e rendendolo partecipe del suo modo di sentire e “vedere” lo spazio, della sua ricerca del contatto e dell’equilibrio.
Nel susseguirsi delle scene si delinea un percorso scandito dall’apparizione di oggetti che divengono appendici fisiche e sonore del corpo e che, insieme alle note dal vivo del contrabbassista Scodanibbio, generano una partitura musicale che accompagna l’azione scenica in un continuum sonoro che tende alla trance e culla lo spettatore al ritmo del respiro degli interpreti, sino a portarlo a condividere la tensione e la sofferenza tangibili in scena.
La danza si destruttura, scompone il gesto sino a renderlo movimento puro, frutto della tensione dei nervi e delle vertebre, trasfigurando il volto e il corpo, creando cesure e sospensioni. Come un bambino che muove i suoi primi passi, come un animale selvatico appena nato costretto al movimento, Virgilio Sieni decostruisce e ricostruisce quanto appreso in anni di deambulazione per muoversi, semplicemente muoversi, perdendo e recuperando la verticalità e la struttura, senza ambire allo spostamento.
È un non-movimento, un non-corpo o, meglio, un “
corpo a venire”, come afferma Agamben, quello che Sieni ci mostra, mentre profondamente toccanti restano i momenti finali in cui i due interpreti, riappropriatisi della fluidità propria all’uomo, si muovono in un unisono in cui brevi e fuggenti contatti dettano tempi, pause e sospensioni. E il respiro può di nuovo scorrere libero.