Varie attività a margine della mostra “Australia, storie dagli antipodi” in corso al PAC – Padiglione Arte Contemporanea di Milano e a cura di Eugenio Viola. Fra queste, due momenti condivisi con Stuart Ringholt, artista che lavora sulla performance con coinvolgimento diretto del pubblico.
Ciò che è avvenuto nel “neuro-cardio” Anger Workshop, tenuto lo scorso 16 gennaio: in una sala chiusa dai tendaggi, una ventina di donne e pochi uomini si siedono sulla moquette grigia. Ringholt chiede di concentrarsi su un tema che susciti rabbia e, una volta in piedi e suggestionati da un invasivo fondo sonoro techno, scatenarsi in una reazione psicofisica che sia al tempo stesso di denuncia e liberazione. A seguire si propone un’attitudine che pensi all’amore come sentimento contrario alla rabbia che la precedeva.
L’interplay non sembra materializzarsi nella prima parte, che pare (cosa confermata nell’anamnesi di gruppo che segue la performance) più una simulazione che un’esigenza espressiva. Forse il gesto dell’amore, cullato sul Minuetto della mozartiana Eine Kleine Nachtmusik, sortisce risultati più convincenti: un abbraccio non erotico ma sinceramente solidale sulle parole suggerite dall’artista: «Perdonami se ti ho fatto del male».
E poi il successo del Naturist tour, svoltosi il 18 gennaio e andato sold-out con sessanta iscritti, quando a Colonia, invece, unica città europea prima di Milano a proporre la visita alla mostra con Ringholt come guida in abito adamitico, di iscritti ne aveva avuti solo due. Un’attività partecipativa che, indipendentemente dalla riuscita, mostra una delle molteplici facce di un approccio letteralmente vissuto sulla propria pelle, capace di far riflettere non solo sulle complesse dinamiche etniche e sociali della terra incognita australiana ma anche sul modo stesso con cui il fare e il fruire arte vengono gestiti all’interno di una certa economia di mercato.
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