Così si è chiusa la battaglia legale sull’eredità di Robert Indiana

di - 5 Ottobre 2020

La Star of Hope Foundation e la Morgan Art Foundation, che rappresenta Robert Indiana dagli anni ’90, detenendo i diritti di alcune delle sue opere più famose, hanno finalmente raggiunto un accordo riguardo all’eredità del celebre artista americano. Secondo i termini stabiliti dall’accordo, avvenuto con la supervisione del procuratore generale del Maine, Aaron M. Frey, le due organizzazioni si sono impegnate a trasferire il rimanente importo del patrimonio, stimato circa 90 milioni di dollari, alla Star of Hope Foundation, casa-museo dell’artista situata a Vinalhaven, Maine. «La mia speranza è che questo sia un primo passo verso una rapida risoluzione delle restanti problematiche, così da sistemare definitivamente l’eredità per rendere la fondazione interamente finanziata e operativa», ha dichiarato Frey.

Nel maggio 2018, un giorno prima della morte di Indiana all’età di 89 anni, la Morgan Foundation aveva intentato una causa a New York contro lo storico assistente di Indiana, Jamie Thomas, e l’editore Michael McKenzie, accusandoli di diffamazione e di aver violato sia il copyright che il Visual Artists Rights Act. In risposta alle accuse, la Star of Hope Foundation, già destinata da Robert Indiana, prima della morte, a ricevere l’eredità al fine di creare un museo non-profit nella sua ex casa, si schierò in difesa di Thomas e McKenzie. La denuncia di maggio, in particolare, dichiarava i due colpevoli di aver lavorato insieme per isolare l’artista da famiglia e amici in modo da avere il via libera per riprodurre e vendere le opere con il suo nome, senza che ne fosse a conoscenza.

La querelle su LOVE

Ma non è finita qua. A fine aprile di quest’anno, McKenzie ha presentato una controquerela in cui accusava la Morgan Foundation di aver commesso «una delle più grandi frodi d’arte della storia», sostenendo di possedere il copyright di LOVE che, secondo quando riportato dall’editore, era di dominio pubblico dal 1964. LOVE, ora considerata una delle opere più celebri dell’artista, cominciò a diventare famosa l’anno successivo alla creazione, nel 1965, quando il Museum of Modern Art decise di stamparne l’immagine sui suoi biglietti di Natale. Secondo McKenzie, sin dall’inizio l’opera non era stata coperta da alcun diritto d’autore e, anzi, ha voluto sottolineare la disapprovazione che Robert aveva espresso riguardo al modo in cui il simbolo del copyright stonava sul suo lavoro, ricordando un particolare episodio avvenuto nel 1966 in cui l’artista aveva appunto protestato contro l’uso del copyright sul poster di LOVE.

Nonostante con il passare degli anni l’opera sia stata ampiamente riprodotta, Indiana ha ricevuto solamente una minima parte dei ricavi di vendita che gli sarebbero in teoria spettati. In un’intervista del 2012 a The Art Newspaper, l’artista ha infatti dichiarato: «LOVE mi ha garantito successo lungo tutta la mia carriera, è l’opera che mi ha reso famoso. Ma, d’altra parte, è stata causa di problemi e infelicità, fregature e infinite sgradevolezze».

Le Fondazioni contro l’avvocato

Per ritornare al recente accordo raggiunto dalle due fondazioni, all’interno del patto sulla gestione dell’eredità è stato specificato tra gli obbiettivi quello di soppiantare le azioni intraprese dall’avvocato personale di Robert Indiana, James Brannan, accusato dalla Morgan di inadempimento e di ingenti sprechi fiscali. Brannan era stato nominato esecutore testamentario dell’eredità di Robert Indiana affinché potesse supervisionare il passaggio del patrimonio alla Star of Hope Foundation, trasferimento che però a oggi deve ancora avvenire. Invece di seguire ciò di cui in teoria avrebbe dovuto occuparsi, l’avvocato ha lanciato una controquerela alla Morgan Foundation in cui ha contestato la validità dei contratti che la compagnia aveva con Indiana, confermando la sua volontà di continuare a rifiutare la richiesta della fondazione Star of Hope di risolvere il caso definitivamente. Ma dopo il patto raggiunto recentemente tra la Star e la Morgan, a Brannan ormai è rimasta davvero poca voce in capitolo.

La casa di Robert Indiana

Nel frattempo, come si può vedere dalle news postate sull’omonimo sito, la Star of Hope sta lavorando costantemente per ristrutturare l’ex casa di Indiana situata sulla strada principale della città di Vinalhaven, Maine, ormai quasi caduta in rovina durante questi anni di disputa. Un tetto temporaneo è stato installato in tempo per l’inverno in modo da prevenire ulteriori danni al palazzo antico.

Kris Davidson, membro del consiglio della fondazione e da sempre abitante dell’isola del Maine dove Indiana ha passato gli ultimi anni della sua vita, ha detto in una dichiarazione rilasciata la scorsa estate: «La casa era in condizioni terribili, ma ora finalmente possiamo procedere nel fare di questo edificio un istituto che promuova l’educazione artistica e che realizzi la missione originaria della Star of Hope Foundation».

Larry Sterrs, presidente della fondazione, ha aggiunto nella stessa dichiarazione che i lavori di ristrutturazione e pianificazione dovrebbero poter continuare lungo tutto l’inverno 2021. La Star of Hope, secondo la visione iniziale del leggendario Mr Indiana, ha come missione la promozione la conoscenza delle arti visive attraverso esibizioni temporanee, una collezione permanente e un programma di residenze d’artista.

Nata a Modena nel 1998, sta concludendo la laurea triennale in Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano. Parallelamente ha lavorato come intern alla Collezione Maramotti a Reggio Emilia, e successivamente presso il Center for Italian Modern Art (CIMA) a New York.

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