Dal 12 febbraio 2024, nel Terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino, per commemorare i 50 anni della Società aeroporti di Roma, sono esposte tre vetrate eseguite molto probabilmente da Giotto per la Basilica di Santa Croce in Firenze intorno al 1310, mentre l’artista era dedito alle pitture a secco delle storie di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista nella Cappella Peruzzi. Sappiamo inoltre che nella stessa Basilica Giotto eseguì, tra il 1317 e il 1321, un altro ciclo pittorico, nella cappella Bardi, dedicato a San Francesco d’Assisi.
Le tre vetrate raffigurano a mezzo busto il profeta Aronne e due diaconi e provengono per l’esattezza dal Museo dell’Opera della Basilica di Santa Croce, dunque da una collocazione che, seppur non quella originaria, consente al visitatore di immaginarle nel contesto per cui furono pensate e realizzate. Un dato, questo, non marginale, perché al senso di un’opera d’arte sacra di questa tipologia, nata per far filtrare luce, reale e simbolica, ed esserne illuminata, progettata per raccordarsi con gli spazi di una parete, ci si può avvicinare solo all’interno del sistema di relazioni spirituali, architettoniche, materiche, cromatiche, in cui l’opera fu inizialmente costruita, nonostante quel sistema di relazioni inevitabilmente ci appaia oggi in parte modificato.
Nel solco di queste considerazioni, è chiaro come la dichiarazione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha concesso la possibilità dell’esposizione – certamente con il placet anche del Ministero della Cultura – sia perfettamente fuori tema: «Come Governo siamo fortemente impegnati per portare le opere d’arte verso la gente, e valorizzare il patrimonio del nostro Paese, stimolando anche la coesione sociale con progetti innovativi per il recupero del disagio giovanile». Innanzitutto, viene da chiedersi perché occorra portare le opere d’arte antica verso le persone e non queste verso le opere, dato che le persone possono spostarsi più agilmente rispetto alle opere che, più vengono trasportate più si deteriorano, come ben sa chiunque si occupi di tutela e di organizzazione mostre.
Di seguito, dubito che al recupero del disagio giovanile possano giovare tre figure sacre piantate in mezzo al nulla, incapsulate in una cappella funeraria di vetro, visivamente affogate tra lettering, loghi, grafica pubblicitaria, quindi artisticamente e spiritualmente defunte, divenute strumento di un marketing aggressivo e ignorante.
Ed è un gran dispiacere avere visto monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, nella cerimonia inaugurale collegarsi in videocall per estendere la sua magnifica benedizione su tale operazione di morte del senso. Così le vetrate giottesche sono diventate grottesche.
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Le vetrate erano già fuori posto allorché furono collocate all'interno del Museo dell'Opera di Santa Croce. Collocarle poi in un terminal aeroportuale produce un vero, completo scempio; l' opera d'arte non è più riconoscibile come tale.
Pertanto, io condivido ogni parola scritta dalla professoressa Frattarolo.