Saranno i ricordi indelebili dell’afoso opening del 2003, passato ad asciugarsi la fronte e a soccorrere colleghi semisvenuti. Sarà che dalla Biennale ci si aspetta sempre una buona dose di caos e fatica. Sarà che Venezia, con la sua umidità subtropicale, mette sempre a dura prova. Sarà che ci si prepara sempre al peggio.
Sarà. Eppure, sin dalle prime ore del vernissage in laguna, si capiva che l’atmosfera sarebbe stata diversa. E non è stato un mero fattore climatico. Dai metereologi ai curatori, dagli sponsor alla sala stampa, dal catering agli artisti, tutto sembrava congiurare per metterci a nostro agio. Ma soprattutto, per farci stare freschi e rilassati. A cominciare dalla preview, durante la quale i giornalisti provenienti da tutto il globo venivano ricevuti in una press room grande e accogliente, sollevati dalla fatica della fila da un’efficiente macchinetta elimina-code, trasportati avanti e indietro dalle Corderie alle Tese –come su un altolocato campo da golf- con un’automobilina elettrica. Perfino dissetati con acqua minerale gratis distribuita in chioschi sparsi per la mostra.
Ma anche i comuni visitatori hanno le proprie soddisfazioni, soprattutto grazie ad illycaffè, storico sponsor della Biennale, che incentra il concept del proprio intervento (illymind: momenti per la mente) sul tema del riposo e della sosta. Oltre naturalmente, alle cinque roulottine dove rifornirsi di un ottimo espresso (per chi preferisce la birra consigliamo il padiglione belga), sono in distribuzione delle sedie pieghevoli, per scegliere il luogo e il momento della propria pausa.
La maggior parte del pubblico l’ha intelligentemente usate per sopportare le file, come quella, interminabile nei primissimi giorni, di fronte al vittorioso padiglione francese di Annette Messager (anch’esso piuttosto ventilato). Generando lunghe code di gente comodamente seduta.
Servizi a parte, veniamo all’arte. Continuando il nostro percorso tra gli elementi ‘rilassanti’ e ‘freschi’ di questa Biennale 2005. Sorprendente è il susseguirsi di opere declinate sui temi acqua-aria-vento. Se dell’edizione Bonami quasi tutti ricordano l’aria bollente sparata dall’installazione di Micol Assael al padiglione La Zona -quasi una cura omeopatica alla temperatura già folle dell’esterno- risponde quest’anno, dal padiglione Italia, il freddo tunnel del vento di Miroslaw Balka. Che con grandi ventole scompiglia capelli e vestiti. Pare insomma che –senz’altro inconsciamente- molti artisti abbiano proposto delle opere memori del Grande Caldo di due anni orsono. Ed ecco che pieno di spifferi è anche il padiglione russo ai Giardini (Galina Myznikova e Sergej Provorov, Idiot wind), che dopo un percorso “aereo-sonoro” in ambienti dolcemente ventilati tramite fori nelle pareti, scaraventa lo spettatore nell’occhio del ciclone, in mezzo ad un potente vortice d’aria.
Poco lontano, nel padiglione canadese, Rebecca Belmore interpreta in prima persona un video pieno di pathos (Fountain), che ruota intorno a tre elementi chiave: acqua, fuoco e sangue. Come labile schermo di proiezione solo una fitta cascatella, che non manca di coinvolgere gli spettatori, avvolgendoli in un’impercettibile nebbiolina di gocce. Ambientata su un ameno laghetto l’opera vincitrice del premio DARC, La terra è troppo grande di Lara Favaretto, mentre, nel vicino padiglione brasiliano, si rinnova il connubio acqua-suono nella suggestiva installazione di Chelpa Ferro, dominata dall’immagine minacciosa di un enorme amplificatore sospeso sul pavimento allagato. Come se non bastasse, lo spazio deputato al break è progettato da un’artista: l’americana Andrea Blum, che offre, con Garden & Fountains, una struttura abitabile fatta di panchine, fioriere e fontane. A proposito, in quanto a comfort quest’anno –nel bel mezzo dei giardini- troverete un piccolo chiosco che prepara appetitose pastasciutte.
Uscendo dai Giardini, di fronte ai quali altre due opere ispirano sensazioni liquide (Il mare verticale di Fabrizio Plessi e il lacrimante totem-cappuccio dell’albanese Sislej Xhafa), e inoltrandosi per la città, il tempio assoluto del relax e della freschezza –mentale e fisica- ci viene offerto da Pipilotti Rist.
Nell’ambiente naturalmente refrigerato della chiesa di San Stae l’artista svizzera proietta immagini edeniche sull’ampia volta, da osservare rigorosamente scalzi e sdraiati su comodi materassi. Last but not least, l’affascinante mostra di Lucy e Jorge Orta alla Fondazione Bevilacqua La Masa. E qui davvero basta la parola, anzi, il titolo: Drink water!
valentina tanni
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