In pochi forse sanno delle origini italiane di Edgar Degas, quando ancora il cognome di famiglia si scriveva De Gas, ed i suoi molti viaggi nel bel paese trovavano sempre un approdo sicuro a Napoli e a Firenze: nel capoluogo campano, in calata Trinità Maggiore, nel Palazzo Pignatelli di Monteleone vivevano tre generazioni di De Gas suoi parenti, intorno al patriarca Hilaire, banchiere e speculatore, fuggito a Napoli dal Terrore; in Toscana invece si era trasferita la zia Laura, sposata all’esule napoletano Bellelli, in posa insieme alla moglie e alle due figlie nel celeberrimo omonimo ritratto d’interni, oggi al Musée d’Orsay.
Degas era di casa in Italia, viaggiava su e giù per la penisola, conosceva bene Roma, Viterbo, Orvieto, Perugia, Assisi, Spello, Arezzo, parlava correttamente la lingua e –ricorda Valéry- cantava spesso arie di Cimarosa e canzoni popolari napoletane, quando era di buon umore. Si sentiva italiano e da artista in formazione aveva studiato dal vivo i maestri italiani: Giotto, Signorelli, Verrocchio, Leonardo, Bronzino ed i manieristi fiorentini, ma anche il van Dyck visto a Genova e gli affreschi di Pompei; secondo un itinerario del tutto personale, forse eccentrico, certo estraneo alle logiche che governavano i viaggi di studio dei pittori francesi in Italia; e tuttavia assolutamente in linea con gli insegnamenti del maestro Ingres per cui i valori de la ligne erano eminenti rispetto all’esigenza di una pittura intellettualizzata al punto tale da esaurirsi in una bi-dimensione astratta, più vera del vero, artificialmente sintetica e pertanto straordinariamente moderna.
Da questi appunti in ordine sparso dei viaggi in Italia di Degas prende le mosse l’itinerario attraverso cui si snoda la mostra, centrata sulla figura del maestro francese e
La maggior parte delle opere in mostra è di Degas -tele soprattutto, ma anche molta grafica, e di qualità eccellente,
davide lacagnina
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