È risaputo che lo sguardo apparentemente ingenuo della prima infanzia estrapola dalla realtà gli aspetti più autentici e genuini. Rivelando, in maniera schietta, meraviglie e contraddizioni della vita quotidiana. Vincenzo Rusciano (Napoli, 1973) sembra riconoscersi in tale credo, recuperando e rielaborando immagini, ricordi e impressioni della propria fanciullezza.
La sua voglia di giocare è insaziabile e per la NT Art Gallery, dopo aver congelato i suoi giocattoli in sculture e dipinti, decide di concedersi qualche svago. Recide i cavi che sostengono un clown trapezista, sega in due una giostra, imbratta un’automobile a pedali con colate di colore e cancella parzialmente alcuni disegni con garbate pennellate di bianco. Opere che in precedenti esposizioni sembravano semplicemente una cosificazione di ricordi e giochi dell’infanzia, adesso recano ben evidenti tracce di azioni ludiche, compiute una volta per tutte e riattivabili solo mentalmente. Questi giocattoli-relitti e i dipinti disegnano un percorso che si conclude con la riproduzione scultorea dell’alter ego dell’artista, ossia con la scultura del bambino che si presume abbia deturpato le opere esposte. Questi è beffardamente immortalato nel fare lo scaramantico gesto delle corna e, per quanto possa sembrare un enfant terribile, non viene rimproverato dall’artista per la sua cattiva condotta, poiché è proprio grazie alle sue trasgressioni che il piccolo alter-ego non corre il rischio “di rimanere soggiogato dai giochi stessi”.
Per questa sua prima personale bolognese Rusciano fa sfoggio di opere dall’impeccabile perfezione formale, una perfezione che deborda pure nelle azioni distruttive, basti pensare ai suoi tagli di “una straordinaria precisione chirurgica”. Solo se si vuole essere veramente pignoli qua e là si possono scovare dei presunti lapsus. Ci si può chiedere per esempio come mai nel soffitto non siano rinvenibili ganci o cavi penzolanti, ossia la rimanente parte dei cavi recisi al clown trapezista. Evidentemente l’artista pensa ai suoi lavori più come sculture o dipinti che come installazioni; il loro dialogo con lo spazio espositivo è quasi nullo e alle opere tridimensionali non viene negata neppure la base, sia essa il classico parallelepipedo bianco o, come nel caso del clown, un rosso tappeto circolare di gomma. L’allestimento espositivo si mostra comunque assai coerente, dispiegando una seria di frame dalla spiccata individualità ma intimamente legati tra loro dal punto di vista contenutistico. Da sottolineare infine la maestria con cui atti particolarmente cruenti, come quello del tagliare o del cancellare, sono stati raffreddati e integrati armoniosamente in opere già di per sé conchiuse.
enzo lauria
mostra visitata il 7 giugno 2007
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