Dopo la mostra del 2003 Da Renoir a de Staël – Roberto Longhi e il moderno dedicata al grande critico d’arte Roberto Longhi, il MAR prosegue nella sua indagine storico-critica sulle grandi figure della storiografia contemporanea del Novecento, dedicando questa esposizione a Francesco Arcangeli (Bologna, 1915 – 1974).
La mostra, rigorosa a appassionata, a cura di Claudio Spadoni, è dedicata all’allievo migliore della scuola bolognese di Longhi. Spadoni è a sua volta allievo di Francesco Arcangeli e la sua cura è una garanzia di correttezza e ricerca nel rendere chiaro il pensiero e il percorso critico del suo maestro. Ciò che accomuna Longhi e Arcangeli è la conoscenza a tutto tondo della storia dell’arte, quella che vuole che chi se ne occupi sappia parlare criticamente sia dell’arte medievale che di quella moderna e contemporanea. E sia Longhi che Arcangeli lo hanno saputo fare in modo inedito, spostando verso l’alto anche la qualità linguistica della letteratura artistica. Arcangeli parte da un ripensamento del Romanticismo andando “oltre le categorie storiografiche” che soprattutto in Italia, giudicavano poco significativa questa corrente culturale e artistica. Nessuno riusciva ad intuire quanto il Romanticismo avesse contribuito alla nascita di nuovi linguaggi e poetiche che si prefiguravano nei secoli a venire. In questa prospettiva Arcangeli legge tutta la modernità; il concetto cardine che sostiene questa linea interpretativa è legato ad un nuovo significato attribuito alla parola Natura. Secondo Arcangeli il momento romantico è individuato
L’origine del percorso critico di Arcangeli -e l’inizio della rassegna- è dedicato ai pittori romantici inglesi: M. William Turner, John Constable, Sir Joshua Reynolds e Thomas Gainsborough. Per poi attraversare l’Europa fino ad arrivare ai pittori francesi dell’impressionismo con Claude Monet in testa, insieme ad Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir, ma anche <PAUL Cezanne , tutti interpreti moderni del nuovo senso della natura.
Anche l’Ottocento italiano, presente con una ampia serie di quadri di Antonio Fontanesi, testimonia una forte vena intimista, vicina a quella sensibilità romantica che vedrà poi Macchiaioli come Silvestro Lega e Giovanni Fattori continuare a scavare in questo inedito sentimento di realtà. E poi Paul Klee, Wols, Jean Debuffet, Jean Fautrier, Mark Tobey eJackson Pollock. Con Paul Klee, tra l’altro, si determina una svolta programmatica nei concetti di realtà e di natura. L’invisibile è reso visibile dall’opera d’arte che attraversa i territori della natura caricandosi di una nuova sensibilità. La mostra si chiude con Alberto Burri e Leoncillo Leonardi, epigoni del percorso romantico che Arcangeli aveva individuato in pittori molti secoli prima. Quando nessuno aveva capito -o voluto capire- che l’energia cromatica e poetica del Romanticismo era stata fondamentale per la Modernità.
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