Ogni luogo possiede dei limiti, dei margini, dei confini. Ogni luogo, sia esso fisico o mentale, possiede un’anima, respira e soprattutto racconta storie. Le architetture illuminate, gli angoli bui e desolati, le strade vissute, tutto può diventare narrazione. Questo ci insegnano i quindici fotografi di Storie Urbane, mostra presentata all’interno della prima edizione della Settimana della fotografia europea, esposta in varie sedi del centro storico. Visitare questa mostra significa vivere la città in prima persona, districarsi tra strade, portici, palazzi e chiese; significa stabilire un legame con il territorio, ascoltarne il respiro e le voci.
Il primo grande merito dell’evento è proprio questo forte radicamento con i luoghi che vuole raccontare, anche se il centro storico è un luogo a prima vista privo di conflitti e potenzialmente poco narrativo. Su questo contrasto apparente lavora con sapienza Emily Allchurch (Jersey, 1974), con un contributo giocato sulla differenza evidente tra centro e periferia, tra vecchio e nuovo. Sono due grandi diapositive retroilluminate che rielaborano le atmosfere dei grandi paesaggisti del passato (Canaletto in primis) giungendo a risultati sorprendenti. La sua è una fotografia teatrale, metafisica, religiosa, con improvvisi squarci di luce o atmosfere sospese e rarefatte quasi impalpabili. Quello di Martin Parr (Epsom, 1952) è, invece, un intervento volta a sottolineare il labile confine tra buon gusto e cattivo gusto, tra sacro e profano, tra vero e artefatto. Le sue sono immagini di un’Italia vista con gli occhi dello straniero affascinato dalle nostre quotidiane contraddizioni.
Il lavoro di Gabriele Basilico (Milano, 1944) si concentra invece sulle zone esterne, spostando il confine nella periferia e regalandoci frammenti di una città uguale a molte altre, ma sorprendentemente piena di memoria. Le sue architetture precise ci appaiono, quindi, segni inequivocabili di una precisa identità. Con Walter Niedermayr (Bolzano, 1952) i confini si fanno ancora più marginali; le sue foto, realizzate all’ospedale Santa Maria Nuova colpiscono per il senso di libertà che trasmettono, sono immagini di quiete mai claustrofobiche. E ancora, i luoghi in ombra presentati da Paul Seawright (Belfast, 1965), le riflessioni private degli automobilisti di Gosbert Adler (Essen, 1952); il limite evidente presentato da Valerie Jouve (Saint Etienne, 1964) tra il centro ordinato e una periferia dai forti connotati rurali.
Questo e molto altro ancora, in una mostra che ci regala l’immagine di una città che si muove tra passato, presente e futuro; una città viva capace di mostrare, senza falsi pudori, le infinite anime che la compongono.
nicola bassano
mostra visitata il 3 maggio 2006
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