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Fino al 7.I.2002 | Burri | Reggio Emilia, Chiostri di San Domenico

di - 27 Novembre 2001

Per chi di lui conosce i “Sacchi” e poco altro, per chi lo conosce ma vuole capirlo meglio, per chi lo ama ma non si stanca di ammirarne le opere. La mostra di Burri, che si è aperta sabato scorso a Reggio Emilia costituisce un’occasione per gli appassionati d’arte sotto molteplici punti di vista. Essa si presenta come una grande retrospettiva storica in cui i curatori, Maurizio Calvesi e Chiara Sarteanesi, hanno compreso opere dai primi anni Cinquanta – poco dopo l’inizio della sua attività espositiva – fino agli ultimi anni della sua vita, conclusasi nel 1995. Nulla è stato tralasciato, compresa la produzione grafica, di cui è posta in rilievo l’originalità e l’assoluta importanza rispetto alle opere uniche, e quella editoriale. Nelle sale dei chiostri di San Domenico il percorso espositivo lascia uno spazio limitato alle parole – rispettando lo spirito dello stesso Burri, sempre restio ad accettare una verbosità eccessiva attorno a sé – e ampio alle opere, tutte provenienti dalla Fondazione Burri di Città di Castello. I “Gobbi” e i “Sacchi” sono i primi pezzi in cui Burri sposa il polimaterismo, che aveva precedenti in alcune Avanguardie, per prima quella futurista, ad una ricerca formale su basi classiche che affonda le radici in Masaccio e Piero della Francesca. Contemporaneamente, Burri vi affronta il problema del superamento dello spazio pittorico, che già interessava Boccioni e fu diversamente raccolto da lui e da Lucio Fontana. Da lì, senza soluzioni di continuità creativa, si snoda un percorso che vive di una difficile dialettica tra razionalità e irrazionalità, come ha sottolineato Calvesi, ovvero tra un ricercato e delicato equilibrio delle forme e la vitalità della materia. Nell’uso di quest’ultima in chiave puramente pittorica e nell’assecondarne, senza violentarle, le caratteristiche naturali, pur nella decisione dell’intervento, sta la chiave di tutta la ricerca di Burri. Si passa così ai “ferri”, ai “legni”, alle “plastiche”, fino ai “cellotex” e ai “cretti”, di cui sono esposti, estremamente suggestivi, anche quelli in combinazione con l’oro e il nero che sono l’ultima opera creata dall’artista, nel 1994, e visti finora solo nel giugno 2000 presso la Fondazione. L’opera di Alberto Burri, che è stata ormai pienamente riconosciuta come l’esatto contrario della sciatteria e della povertà morale di cui fu tacciata inizialmente, non è tuttavia facile, come si può credere, perché va, più che capita, intuita nelle forze profonde che la animano.
Da segnalare, tra le iniziative collaterali, un importante progetto didattico che durante la mostra coinvolgerà nei “laboratori espressivi” bambini e ragazzi delle scuole in cui, lungi dal voler far loro imitare l’artista, si cercherà, a partire dall’approccio di Burri ai materiali, di stimolarne la creatività.

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La “Scuola italiana” dell’Astrattismo Maturo
Link correlati
musei.comune.re.it/attivita/MOSTRE/burri/index.htm
www.comune.citta-di-castello.perugia.it/museo_burri/

Daniele De Luigi



“Burri”
Dal 18 Novembre 2001 al 07 Gennaio 2002.
Reggio Emilia, Chiostri di San Domenico, Piazza San Domenico.
Ingresso: intero, £ 8000; ridotto, £ 5000, gratuito sino ai 18 anni.
Orari: dalle 9 alle 13; dalle 15 alle 19. Chiuso Lunedì
Tel: 0522451722


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