Categorie: Danza

Danza e dintorni, da Orsolina28 Art Foundation con Ohad Naharin

di - 24 Novembre 2022

Bisogna spingersi fino a Moncalvo, sulle colline del Monferrato, in Piemonte, per scoprire un luogo di straordinaria bellezza, oggi Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Non solo per il paesaggio mozzafiato che si apre alla vista, per la natura ricca specialmente di vigneti e di ciliegi, che lo circonda e in cui immergersi, e dove si coltiva secondo i principi dell’agricoltura biologica e delle più avanzate tecniche di sostenibilità ambientale, con serre, orti, bio-laghi, impianti di fitodepurazione. Ma soprattutto per quello che questo scrigno naturalistico custodisce: Orsolina28 Art Foundation. A dare vita, nel 2016, a questa struttura d’eccellenza nata da un sogno e cresciuta negli anni, è Simony Monteiro, ex ballerina dell’American Ballet Theatre e dell’Alvin Ailey Dance Theatre, newyorkese di nascita e con origini brasiliane.

Orsolina28, scuola di danza, ph. Stefano Trovati

L’amore per la danza, lo spirito di condivisione di ciò che la vita le ha regalato ereditando ventidue ettari di terreno, l’estro creativo accanto a una visione progettuale aperta al mondo e all’arte, l’hanno spinta a dare concretezza e forma a quello che oggi questo luogo rappresenta: un innovativo centro internazionale per la danza unico al mondo. Con quattro ampie sale prove (tre delle quali ricavate dentro l’originario nucleo settecentesco, un tempo abitato dalle suore Orsoline, da cui il nome Orsolina28), un grandioso teatro spalancato sulla vallata – l’Open air stage -, e una programmazione estiva aperta al pubblico. Qui l’arte di Tersicore ha trovato lo spazio ideale dove poter trarre ispirazioni, esprimere tutte le sue potenzialità (dando appoggio produttivo anche a giovanissimi coreografi scelti mediante il bando Call for creation), nutrire creativamente il corpo e la mente aprendoli alla ricerca, in piena libertà e armonia con sé stessi e con gli altri in un’atmosfera che sviluppa spirito di amicizia, condivisione e convivialità con tutte le maestranze della struttura, sì da poterlo definire “Orsolina style”.

Orsolina28, Studio Stage, ph. Stefano Trovati

Lo hanno ben compreso, lavorando qui in residenze creative, coreografi di fama come Akram Khan, Marco Goecke, Pontus Lidberg, Crystal Pite, attualmente Sharon Eyal, e soprattutto Ohad Naharin, coreografo e fondatore della Batsheva Dance Company (ora diretta da Gili Navot), che a Orsolina28 ha stabilito l’attività della sua compagnia ogni qualvolta abbia in vista dei debutti di nuove creazioni. La restituzione di quanto maturato lo scorso anno in residenza, è stata con “2019”, spettacolo che ha debuttato a giugno in anteprima europea.

Ohad Naharin, ph. Andrea Guemani

L’amicizia di Naharin con Simony Monteiro è scaturita anche in una più stretta collaborazione, oltre che con i seminari del metodo Gaga, rinominati Gaga Eden (tenuti regolarmente e aperti a persone di età compresa tra i 20 e i 70 anni, professionisti e non), con la costruzione, all’interno della tenuta, di una struttura polifunzionale dall’architettura a forma ovale, denominata The Eye. Dentro questo grande spazio scenico, il 5 novembre è stata offerta la possibilità a un pubblico selezionato di giornalisti, critici e addetti ai lavori, di assistere alla visione di alcuni estratti, introdotti dallo stesso Naharin, della nuova creazione “MOMO”, il cui debutto assoluto è previsto il 10 dicembre 2022 al Suzanne Dellal di Tel Aviv.

Orsolina28, ph. Andrea Guemani

Non si è trattato di una prova generale ma di una immersione nel linguaggio e nella ricerca del coreografo israeliano il quale, coadiuvato dal fedele collaboratore e già danzatore Ariel Cohen, ha spiegato quanto sia diventato importante nella creazione sempre di più il coinvolgimento dei suoi danzatori, lasciandosi influenzare dalle loro singole personalità, dal loro muoversi, dal loro apporto creativo. Anche il titolo è nato scherzando durante una prova. “MOMO” sono le inziali di “Magic Of Missing Out”.  Deriva da due parole giapponesi e dal suono della loro pronuncia, e vuol dire “Così, così”. Ma al di là del significato, Ohad l’ha scelto in quanto titolo semplice, breve, facile da ricordare. Inoltre le due sillabe identiche contengono il gioco della dualità e raccontano l’interazione visibile in scena.

Orsolina28, ph. Andrea Guemani

La costruzione coreografica infatti, già quasi definita ma non ancora montata, prevede tre gruppi di danzatori (18 in tutto), due di sette componenti e uno di quattro. Quest’ultimi hanno lavorato separatamente dal resto dell’ensemble e solo successivamente insieme agli altri, con i quali in scena non interagiranno mai. Lo spiega lo stesso Naharin mostrandoci alcune sequenze in cui si muovono sempre in blocco ma indipendenti dai movimenti altrui e senza prestare attenzione a quello che succede attorno, imperterriti davanti ad ogni tentativo di interazione, di assalto, di provocazione sensuale, con cui qualcuno prova a interferire. Fa ripetere la coreografia prima a uno dei due gruppi da sette e poi all’altro, per dimostrare che pur essendo la stessa, cambia nella percezione perché influenzata dalla diversa personalità degli interpreti.

Orsolina28, ph. Andrea Guemani

E alla domanda di uno spettatore su quanto possa essere distraente vedere contemporaneamente lo svolgersi di due diversi livelli coreografici, Naharin risponde che in questo modo il pubblico è libero di spaziare con lo sguardo, abbandonarsi all’immaginazione, selezionare quello che vuol vedere e infine interpretarlo. La nostra suggestione è determinata anche dalla scelta sonora di Naharin, che attinge all’ipnotico e struggente album musicale “Landfall” di Laurie Anderson col Kronos Quartet, ispirato dall’esperienza postuma di dolore e terrore della cantante synth- writer davanti alla distruzione dell’uragano Sandy nel 2012, accostando l’elettronica e gli archi alle descrizioni della perdita.

Orsolina28, ph. Andrea Guemani

E forse è di smarrimento e di ricostruzione post pandemia che Naharin ci vuole dire, di ricerca di rinascita in quel vagare di due gruppi umani, solidali gli uni, confusi gli altri? E la parete nera – unico elemento scenografico dello spettacolo che occuperà lo spazio, con i quattro danzatori impegnati a scalarla arrampicandosi – starà a significare il fuggire o il cercare in alto il senso di umanità smarrito? Dopo il debutto ufficiale a Tel Aviv, è prevista per MOMO una tournée internazionale che comprende anche l’Italia con tappe a Torinodanza, Triennale di Milano e Reggio Emilia.

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