Orsolina 28, Nnamdi Nwagwu, Call For Creation 2025, ph. Andrea Guermani
Con dei movimenti convulsi, le quattro interpreti, in alcuni momenti, sfiorano la trance dopo aver attraversato il pianto, prima il lamento e, prima ancora, lo sgomento davanti al dolore della morte. Riprende un antico rituale greco, quello delle donne che, per mestiere, vendevano il loro pianto straziante per i funerali incarnando il dolore collettivo (tradizione ancora viva in aree geografiche mediterranee e del nostro del Meridione), la coreografia de Le prefiche di Nnamdi Nwagwu. Selezionato dal bando internazionale Call for Creation di Orsolina28 Art Foundation (offrendo una residenza a coreografi emergenti under 35 per una creazione di gruppo), il giovane coreografo italo-nigeriano oggi attivo ad Amsterdam – e con una carriera internazionale in crescita -, ha presentato il suo nuovo lavoro sul grande palcoscenico all’aperto di Orsolina, un Eden nel cuore del Monferrato immerso in uno scenario naturale di incomparabile bellezza.
Crea un forte e intrigante contrasto visivo col luogo, l’emergere dal fondo del vasto palcoscenico, di quattro donne vestite a lutto e col volto coperto di veli che subito tolgono deponendoli a terra. Con in mano un ventaglio anch’esso poi posato, ci guardano ferme, alzano le ampie gambe, ruotano le braccia, oscillano i corpi sul canto di una struggente ninna nanna pugliese. Insieme, e a distanza, poi in gruppo con momenti all’unisono, iniziano una danza che alterna coralità ad assoli scrutati dalle altre donne a commento di sguardi furtivi, di bisbigli, di condivisione.
Con le mani ai fianchi, scatti e corse, cadute, rotolamenti e abbandoni, espressioni facciali e attorcigliamenti, lamenti, grida e risa, le prefiche – le bravissime giovani danzatrici Giulia Finardi, Savea Kagan, Alessia Giacomelli, Mia Bourhis – assumono posture e movimenti che richiamano arcaiche gestualità comprese nelle tradizioni del lutto mediterraneo e africano. È uno stato mentale e sensitivo, un paesaggio emotivo che la coreografia esplora rinvigorendo l’agilità e la furia dei corpi in un’energia sincopata, a tratti tribale, poi armoniosa, infine liberatoria e di quiete, e che la musica – del compositore Lorenzo Cimarelli – sostiene mixando suoni percussivi e canti popolari. Nnamdi Nwagwu – con la collaborazione del drammaturgo Gregor Acuña-Pohl – ci parla dei suoi ricordi, delle sue radici, ma anche del suo presente, del dolore guarito, evocando un mondo interiore pacificato.
Il secondo coreograf* vincitore del bando Call for creation, Chandenie Gobardhan, ha presentato, nella stessa serata, Caught Again in the Net of Rebirth, una rivisitazione della Trimurti, il ciclo vedico della creazione, conservazione e distruzione, integrando i gesti complessi della danza tradizionale indiana del Bharatanatyam all’energia dell’hip-hop, per esplorare la morte dell’ego e la trasformazione dell’identità nel tempo.
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