Partendo dalla suggestiva idea di scrivere di -o a partire da- un quadro, una scultura, un palazzo, l’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali dell’Emilia Romagna ha indetto un concorso dal titolo accattivante: 6000 caratteri per un museo. Luoghi d’incontro e nuove narrazioni nei musei dell’Emilia-Romagna.
Nato dalla una proposta di Valeria Cicala, funzionario dell’ufficio stampa, il progetto ha puntato sulla possibilità di stimolare le persone a visitare i musei della regione per il piacere di scrivere e di inventare racconti, a partire da un pre-testo come può essere un oggetto museale. L’obiettivo è quello di portare coloro che solitamente in un museo sono soggetti passivi a trasformarsi in attori, allo scopo di vivere le istituzioni museali come luoghi di esperienza, di creatività. Non solo prettamente artistica, ma votata alla fantasia, alla scrittura, alla narrativa, per stimolare una coscienza critica e considerare il museo come un reale produttore di cultura.
Quello che emerge, dai racconti giunti, circa 120 di cui 15 pubblicati sul sito web dell’istituto, è una ben manifesta diversità generazionale tra gli studenti e gli adulti, che hanno inviato i loro racconti: i giovani hanno dimostrato di essere abituati dalla società contemporanea a giocare con le immagini, a saperle guardare e trasformare con leggerezza, per muoversi altrove, in contesti spazio-temporali diversi. Inoltre i loro testi mostrano un linguaggio semplice, ridotto ai minimi termini, standardizzato sia nella costruzione delle frasi sia nel lessico utilizzato, preferendo, nella maggioranza dei casi, il genere del giallo o del noir. “Ancora una volta è Tanathos a trionfare su Eros, ha commentato Laura Carlini, responsabile settore Musei dell’IBC al recente convengo Muse&Psiche tenutosi a Ravenna: “il museo come luogo della cristallizzazione del passato, spesso malinconico, testimone di un tempo che fu come nel caso dei musei della cultura materiale, altre volte addirittura luoghi da paura, è il caso della sezione egizia del Museo archeologico di Bologna, grande assente, provocatoriamente parlando, il genere erotico!”.
Gli adulti invece hanno dimostrato un approccio completamente diverso: si registra un substrato culturale profondo e perciò un attaccamento maggiore alla lettura degli oggetti museali, che non vengono mai completamente trasfigurati, ma rimangono sempre riconoscibili e riconducibili ad un ambito storico-artistico preciso.
A conclusione, Valeria Cicala sottolinea che “per la numerosa affluenza di racconti pervenuti dalle scuole, sembra essere stato determinante lo stretto rapporto che le realtà museali della regione hanno saputo tessere nel corso degli anni con le istituzioni scolastiche del territorio”, che evidentemente sentono il museo come una realtà viva e vicina alla proprio tempo.
Ben vengano, quindi, proposte e idee per tentare approcci trasversali al patrimonio culturale, senza che questo perda la propria identità, ma venga valorizzato attraverso stimoli e codici contemporanei.
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