Le esperienze artistiche del Novecento sviluppate nelle loro possibilità più estreme e paradossali. Un’arte che incarna la società per quello che intimamente è, cioè una consumistica mercificazione di cose, idee, corpi: questo ciò che esprime l’arte di Kostabi, cui in questo numero Arte In dedica al copertina.
Per il resto questo numero non offre particolari emozioni.
Due i grandi artisti italiani celebrati da altrettante importanti mostre. Roma fa omaggio a <b<Manzù, e lo stesso cerca di fare l’autore dell’articolo, mentre Milano ricorda Giorgio Savinio. Il pezzo di Tommaso Paloscia, di ben altro spessore, c’invita a scoprire i veli sul percorso artistico, filosofico ed intellettuale dell’”ospite segreto” del Novecento italiano, ancora oggi non apprezzato come meriterebbe.
Alla Galleria Cinquantasei di Bologna mostra omaggio a Saetti nel centenario della nascita. L’artista, controcorrente rispetto alle estreme propaggini dell’informale, che staccava pezzi di muro vecchio riportandoli sulla tela, si sentì egli stesso “impastato di malta”, e riscoprì una tecnica trascurata per secoli, l’affresco.
Di ben altra atmosfera e toni le mostre di Roma e Spoleto sull’arte cinetica, che nata come un sorta di neoimpressionismo, si impose negli anni ‘60-‘70 con la sua fascinazione di geometrie magiche, e fondandosi su un concetto di “artisticità” che esula dall’abilità manuale e dal concetto di esclusiva paternità artistica.
Dalla Cina il reportage di Laura Daverio sulla quarta Biennale di Shangai. Dedicata ai nuovi scenari dell’arte orientale e incentrata sul concetto di spazio, l’esposizione prospetta una realtà metropolitana in cui i segni del passato via via lasciano il posto a nuovi agglomerati urbani, ad ambienti sempre più asettici. Molte le installazioni di videoarte in mostra, ed è questo il tema che costituisce quasi un filo rosso tra alcuni articoli di questo numero. William Kentridge è in mostra alla Galerie Marion Goodman con i suoi “disegni animati”, video le cui immagini scorrono fluide come il pensiero e stupiscono per la libertà e la fantasia delle invenzioni, dove ogni singolo fotogramma crea un senso di stupore e di attesa del successivo. E non poteva mancare a questo punto il guru della videoarte, Nam Jun Paik, cui Marisa Vescovo dedica un affascinante articolo che ripercorre l’intenso rapporto affettivo e di lavoro con un’altra grande artista, Charlotte Moorman. Intelligente soprattutto la scelta delle foto a corredo del pezzo, che ritraggono la violoncellista, protagonista e ispiratrice di molte installazioni del coreano, in immagini reali e “metaforiche”, come cioè Paik la volle vedere e rappresentare.
Infine la seconda puntata della storia dei falsi nell’arte, incentrata sui casi più clamorosi del Novecento: la Montagne Sainte-Victoir di Cézanne, i falsi Vermeer, le teste di Modigliani, e atri casi ancora, tra abili truffatori e clamorose figuracce di critici e galleristi, beffe e processi. Complimenti all’autrice, per l’accattivante tono da romanzo giallo.
paola vitolo
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