Dopo “Solo figura e sfondo”, curata da Davide Ferri lo scorso anno, la mostra “Courtesy Emilia Romagna”, che mette in circolo le collezioni pubbliche e private della Regione, è affidata alla curatela di Eva Brioschi, che propone “L’opera Aperta”.
Il primo riferimento, ovviamente, va al celebre saggio di Umberto Eco, pubblicato nel 1958. Scrive Brioschi nel piccolo catalogo che accompagna la mostra: “Le opere aperte sono opere che, seppur formalmente compiute dal loro esecutore, vengono “completate” dall’interprete nel momento stesso della loro fruizione estetica”. Ovviamente il riferimento è, anche, alla partecipazione che richiede l’arte contemporanea (o forse, sarebbe più giusto dire, l’arte in generale, di ogni tempo).
E così, senza ordini e schemi, in un display espositivo completamente senza barriere, dove una Scultura Cacogoniometrica (1981-85) di Gianni Colombo ci invita all’attraversamento, “L’opera aperta” rimanda a questioni legate alla società contemporanea, come l’indagine di Xavier Ribas sulla politica della distruzione, o Maurizio Nannucci con Art is not intended to be perfectly trasparente is meaning…al lavoro e alla tecnologia nel video Da Vinci di Yuri Ancarani, nell’autoritrarsi di Salvo con “natura morta”, passando per le fotografie di Dino Pedriali.
In tutto sono 23 le istituzioni coinvolte quest’anno, dal MAST a Fondazione Modena Arti Visive, dai Musei Comunali di Rimini a Fondazione Cineteca di Bologna, dal MIC di Faenza al MAR di Ravenna a XING, segno che le collezioni della regione “costituiscono un bacino così ricco e vario da permettere a curatori diversi di costruire, a partire da esse, mostre ugualmente affascinanti ma completamente diverse per tema e approccio” scrive Menegoi.
Peccato, e lo avevamo detto anche lo scorso anno, che un grande lavoro curatoriale e organizzativo resti visibile solamente poco più di un week end.
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