Sprueth Magers. Installation view of the exhibition: George Condo, Andreas Gursky, Louise Lawler, Gary Hume, Sterling Ruby, Pamela Rosenkranz. Fair Booth, Frieze, October 2025
Dentro i padiglioni temporanei di Regent’s Park, tra luci calibrate e conversazioni veloci, si consuma la consueta dialettica tra mercato e ricerca: è Frieze London 2025, in corso dal 15 al 19 ottobre. Con i suoi ventidue anni di storia alle spalle, è risaputo che Frieze non sia più solo una fiera ma un vero e proprio termometro del sistema: non solo dal punto di vista economico, ma anche curatoriale e di ricerca. Quest’edizione, che riunisce oltre 280 gallerie provenienti da 45 paesi, rivela una doppia tendenza: da un lato, una predilezione per i colori accesi e la saturazione visiva; dall’altro, un ritorno alla materia, in particolare al tessuto, presente in forme e declinazioni differenti.
È proprio il tessuto a imporsi infatti come protagonista di questa edizione: un linguaggio che attraversa confini, si intreccia con storie politiche e sociali, e riporta l’attenzione sul gesto manuale in un contesto ormai dominato dal digitale. Che si tratti dei grandi arazzi o delle delicate architetture in tessuto di Do Ho Suh allo stand di Lehmann Maupin — un probabile omaggio alla sua personale in corso alla Tate Modern — la fibra diventa metafora di connessione e memoria.
La Lisson Gallery rende il concetto ancora più esplicito con l’imponente arazzo di Otobong Nkanga, While We Wait and Watch: un intreccio di figure umane, sistemi nervosi e radici esposto sulla parete esterna. Una predilezione per diversi materiali e texture emerge anche all’interno dello stand, dove emergono anche i gesti ironici e sensuali di Laure Prouvost —con il suo lampadario in vetro a forma di seno, circondato da un piccolo sciame di api— e la delicata composizione di Hugh Hayden in piume e tubi di cartone.
È all’interno di questo paesaggio di superfici e trame che si muove anche la costellazione italiana. Apalazzogallery dedica l’intero stand a Lucia Pescador, mentre la Galleria Franco Noero presenta una selezione eclettica che include Francesco Vezzoli e Simon Starling e Massimo Minini condivide lo stand con la galleria Francesca Minini. la bolognese P420 si distingue invece per un booth fresco che alterna pittura e scultura in un equilibrio cromatico e materico — dal blu intenso di Adelaide Cioni alle forme sinuose di Shafei Xia — confermando una coerenza di metodo che la rende una delle realtà più solide del panorama italiano.
Victoria Miro Gallery, con il suo stand immerso in un rosso scuro, punta su un linguaggio corporeo e vibrante. Al centro spicca la scultura in legno The Backoff Dance di Wangechi Mutu, circondata dalle opere di altri artisti della scuderia, tra cui Barbara Walker, Saskia Colwell e Chantal Joffe. Un’intera sezione è poi dedicata a Grayson Perry, che propone ceramiche e arazzi dai colori fluorescenti, mescolando linguaggi tradizionali alla critica sociale.
Non mancano poi i colossi internazionali. Pace Gallery propone le una selezione di tele di William Monk, apprezzatissime anche dai collezionisti, mentre David Zwirner presenta i lavori di Huma Bhabha, dove la scultura si fa corpo alieno e post-umano. Sprüth Magers si conferma tra gli stand più coerenti, con un dialogo riuscito tra generazioni diverse: dalle composizioni fotografiche di John Baldessari — ora in mostra alla Querini Stampalia di Venezia — alla coreana Mire Lee, che utilizza cellulosa e rete industriale nella sua Open wound: Surface with many holes #7.
Infine, le presenze ormai canoniche di Gagosian —che presenta i nuovi lavori di Lauren Halsey—, White Cube e Hauser & Wirth ribadiscono il potere delle mega-gallerie di trasformare ogni booth in un micro-museo: display calibrati al millimetro, in cui la ricerca estetica convive con una narrazione economica sempre più sofisticata.
A completare il quadro della Frieze Art Week, Frieze Masters — che quest’anno accoglie 120 gallerie da oltre 26 paesi — conferma la vitalità del sistema fieristico londinese. Tre sezioni curate ne definiscono la struttura: Studio, curata da Sheena Wagstaff, esplora lo studio d’artista come spazio di memoria e creazione, Spotlight, curata da Valerie Cassel Oliver, riporta in luce figure poco conosciute del Novecento mentre Reflections, nuova sezione a invito curata da Abby Bangser, si ispira alle collezioni del Sir John Soane’s Museum e di Kettle’s Yard, proponendo un dialogo tra oggetti, contesti e media.
In questa struttura, accanto a giganti quali White Cube e Hauser & Wirth, si muovono anche le italiane: tra le varie realtà, Galleria Continua propone una selezione della belga Berlinde De Bruyckere, mentre Mazzoleni porta una scelta mirata di opere di Lucio Fontana, Carla Accardi ed Enrico Castellani. Richard Saltoun dedica invece il proprio stand a una personale di Bertina Lopes, restituendo il profilo di un’artista ancora da riscoprire nel panorama europeo.
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