La sostenibilità delle fiere d’arte: il caso di Artissima

di - 5 Novembre 2019

Artissima ha chiuso i battenti la sera del 3 novembre. Così cala il sipario sulla straordinaria Contemporary Art Week piemontese. Un successo su tutta la linea, provato dai numeri della fiera: oltre 55.000 visitatori, 5.500 collezionisti, 1.500 giornalisti,… Presenze da capogiro che confermano il ruolo di Artissima come uno degli eventi di punta nel panorama internazionale per l’arte contemporanea.

La sostenibilità delle fiere d’arte: il caso di Art Basel

Abbiamo già parlato abbondantemente della qualità indiscutibile dell’organizzazione, delle opere in esposizione, degli eventi collaterali. Tuttavia, spenti i riflettori su Torino, ci sono alcune osservazioni da sollevare. Non troppo tempo fa, il Financial Times ha pubblicato un articolo dal titolo significativo: “How do art fairs contribute to the climate crisis?”, qual è il contributo che apportano le fiere d’arte alla crisi climatica?

L’articolo si riferisce ad Art Basel, riflettendo sulla particolare attenzione che la fiera ha rivolto alla causa ambientale. Quest’anno a Basilea, infatti, si è scelto di evitare la plastica per le consumazioni di cibo e bevande e tutte le strutture temporanee di allestimento non erano usa-e-getta ma elementi di riciclo, con il proposito di utilizzarle anche in futuro.

Di particolare interesse, l’organizzazione di numerosi incontri sul tema, come “The Carbon Footprint of Contemporary Art”; talk incentrati sul ruolo dell’arte in un pianeta in pericolo. Il direttore globale di Art Basel, Marc Spiegler, ribadisce l’importanza di apportare un cambiamento anche nel sistema dell’arte. Per lui, le fiere possono e devono dare il loro contributo, soprattutto perché in grado di scuotere il pubblico attraverso le multiformi espressioni dell’arte.

A ben pensare, le fiere d’arte intrinsecamente non sono eventi sostenibili. Basti pensare anche solo ai tantissimi mezzi di trasporto inquinanti impiegati per il trasporto di opere d’arte e di persone in visita. L’insostenibilità di fondo delle fiere, però, non deve essere uno scusante per non cercare di fare il possibile e mitigare l’impatto di eventi aggregativi così grandi.

Artissima è una fiera sostenibile?

Forti della recente esperienza della Contemporary Art Week, abbiamo cercato di applicare i principi di Art Basel a Torino. Purtroppo Artissima non sembra altrettanto interessata alla causa ambientale. Anzi, a dirla tutta, delude le aspettative che la fiera stessa crea all’ingresso. Ancor prima di varcare la soglia dell’Oval Lingotto, infatti, trionfa all’aperto un’opera di Christian Holstad, con la partecipazione di FTP Industrial (partner di Artissima e Main Sponsor del Padiglione Italia alla Biennale Arte 2019): Consider yourself as a Guest (Cornucopia).

L’artista californiano ha realizzato questa grande istallazione site-specific che propone una grande cornucopia, realizzata soltanto con rifiuti in plastica. Una denuncia ambientale di grande impatto, che rovescia la simbologia della cornucopia, da antico simbolo di fortuna e abbondanza, a un valore negativo di eccesso, parlando di rifiuti che inquinano i mari.

Da queste premesse, non si poteva che immaginare una fiera davvero contemporanea, attenta alla sostenibilità ambientale, tanto da farne sfoggio prima di qualsiasi altra cosa. Ma le aspettative sono state ampiamente deluse. La maggior parte dei prodotti da bar erano serviti nella plastica. Eccezion fatta per il caffé, e qualche calice di prosecco ramingo, bottiglie, bicchieri, posate e tutti i contenitori per alimenti (come le macedonie), erano tutti in plastica. E quel che è peggio, è che non era affatto facile trovare cestini per riciclare la plastica, ma solo secchi per l’indifferenziata.

Considerata la mole di visitatori e di personale, e il tempo speso all’interno della fiera, ci sembra davvero eccessiva la quantità di plastica che per tre giorni a Torino non sarà stata smaltita adeguatamente. Non possiamo certo contestare la ragion d’essere di una fiera d’arte. È un bene che esistano eventi del genere, e che l’Italia sia un polo attrattivo di rilievo per l’arte contemporanea. È vero però che sarebbero state possibili (e necessarie) alcune accortezze per rendere l’evento più amico dell’ambiente. Ci auguriamo vivamente che l’anno prossimo Artissima sappia confermarsi una fiera d’arte davvero contemporanea, nell’accezione più ampia del termine. Ovvero che non si limiti a far da contenitore di arte recente, ma che rifletta essa stessa sulle esigenze della contemporaneità.

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