Categorie: fiere e mercato

fiere_resoconti | Artissima 12

di - 21 Novembre 2005

Azzardiamo. Questa è stata la migliore Artissima di sempre. Un weekend così non s’era visto neanche alla Biennale. Quando si dice che pubblico e privato possono coesistere: dalle parole ai fatti, la Torino ancora indaffarata a farsi bella per le Olimpiadi invernali, trova energie per riconquistarsi di forza la leadership nazionale nel campo dell’avanguardia creativa, mostrando di avere l’arte contemporanea nel proprio dna e di considerarla una reale risorsa. Le altre fiere la loro Artissima se la sono creata a latere: a seconda dei luoghi si chiama Liste, Volta, Nova, Nada. Ma restano fiere, anche se trendissime, chiuse in loro stesse, parentesi aperte e chiuse sull’arte che verrà. Qui il modello è completamente rovesciato: la scena è tutta per la giovane creatività, protagonista a 360° con installazioni monumentali, premi e convegni. E se manca qualche gallerista newyorkese o inglese che conta, poco importa. Perché non è questa la mission. Molto meglio andare a scovare i candidati alla successione, tra quelli che fanno il lavoro sporco sulle piazze decentrate come la west coast americana, la scandinavia o l’est europeo, i serbatoi dei big di domani. Che ora si possono comprare bene. E quando saranno inevitabilmente cooptati dalle potenti multinazionali dell’arte, lanciati nelle aste o nelle biennali di mezzo mondo, sarà troppo tardi. Un lavoro delicato e niente affatto facile. La strada per riuscire passa soprattutto per equipe selezionatrici autorevoli e coraggiose. E, quanto a quello, tra esperti galleristi e curatori, rappresentanti di grandi istituzioni internazionali, come Tate e Serpentine, Torino non si fa mancar nulla, inventandosi anche un nuovo Comitato Consultivo da affiancare al Consiglio Direttivo, sorta di organo di garanzia costituito da chi i soldi li spende di tasca propria, i collezionisti internazionali. Con il Comitato Scientifico e il Comitato dei Curatori della sezione Present & Future un intreccio eterogeneo che alla fine ha prodotto i risultati.

Il collezionismo straniero era stato invocato nelle ultime edizioni e a detta di tutti finalmente quest’anno ha fatto la propria comparsa: in 300 i top collectors portati all’ombra della Mole, a scorrazzare nei 12.000 mq del Lingotto. A proposito di numeri, le 152 le gallerie quest’anno, per metà straniere, hanno visto transitare 32.500 visitatori (+10% rispetto al 2004). La prova del nove non l’abbiamo, ma gente ve n’è stata e nella fascia d’età più interessante, quella del nuovo collezionismo rampante.
Insomma un buon lavoro, ed ora le domande sorgono spontanee: riusciranno i nostri eroi italiani a buttare, come loro solito, tutto alle ortiche? Sarà capace Artissima di tener duro e crescere a dispetto di quanti remeranno contro (e già ci sono), magari per preservare il proprio orticello? Perché sia chiaro: a qualcuno, e basta leggere con attenzione Exibart per fare uscire nomi e cognomi, fa molto comodo che l’Italia continui a mantenere un basso profilo, all’ombra dell’impero.

Anticipiamo il solito giro delle gallerie con la segnalazione di qualche inevitabile pecca: la mancanza di una sala stampa adeguatamente attrezzata (che figura ci facciamo nel prestigioso Lingotto di fronte alla stampa internazionale? E con la enorme press room delle Olimpiadi già pronta, ma inservibile), una disposizione un po’ claustrofobica delle gallerie, che a qualcuno è parsa pure una divisione tra caste nobili e meno nobili, infine la scarsa altezza delle pareti degli stand che penalizzavano le opere di grandi dimensioni. Ma poi, diciamolo, noi al tondo raccolto e familiare del Palazzo delle Esposizioni di Nervi ci eravamo affezionati.


Gallerie


Tutto nero lo stand di T293, con contrappunto bianco di Nikola Uzunovsky (anche nella mostra di ABO Il bianco) a intercalare un bel lavoro di Pennacchio Argentato, vagamente kapooriano, e i lavori politically uncorrect di Nemanja Cvijanovic. Ma i prìncipi del dark sono quelli della greca The Breeder, dove la pittura classicheggiante di Ilias Papailiakis diventa inquietante in mezzo alle tante opere di Marc Bijl, che tra morte e porno si scaglia contro il mercato e Bush.
Interessanti le sculture realizzate da Roberto Ago con ricambi dei sacchetti per aspirapolvere (Vacuum cleaner bags) da Vitamin, dove ci sono anche nuovi lavori di Simeti, non alla sua altezza.
Le giovani galleriste svizzere di Basilea Groeflin Maag mostrano di avere le idee chiare sulla pittura di tendenza con Benjamin Butler e Brad Philips mentre la teutonica Dina4 Projekte punta sulla scultura con bizzarre cover minimaliste di Axel Lieber e accumulazioni pop di Beat Zoderer.
A proposito di pop, si fronteggiano due gallerie che ne interpretano declinazioni diverse: da un lato la parigina Magda Danysz, che mette in fila gli street artist Miss Van, l’ormai mitico Farey Shepard e il parassita urbano Space Invader, dall’altro la padovana Perugi che, tra la Harley di cartone di Chris Gilmour e RAL fa esordire i Derraindrop made in NY (li avevamo visti al Volta Show di Basilea).
Piacciono le baruffe metallare del fotografo Alejandro Vidal per Play Gallery di Berlino, buono stand per la scozzese Sorcha Dallas e Italo Zuffi protagonista in quello della newyorkese Newman Popiashvili. Da Fabio Paris seminano bene gli Esculenta, che sono entrati a Rivoli nella Sindrome di Pantagruel, ma ormai la galleria è una net art factory, tra lavori storici degli 01.org e gli Ubermorgen.com.

Incuriosiscono i collage di cartoline di Juan Pablo Macias da Ciocca e rassicurano la vena di Luca Francesconi e Andrea Mastrovito da Analix Forever: al di là delle vicende di mercato, una garanzia. Curiosità per la texana Finesilver: Ken Little ricrea delle teste di puma (il felino) con le Puma (le scarpe). Ma con Brian Jungen in circolazione, che crea maschere tribali disassemblando le Nike Air, ci si chiede: è arte o pubblicità comparativa?
Se alla Fondazione Sandretto di Torino c’è il capostipite Murakami, qui in fiera stanno i Friends di Murata, avamposto berlinese con gli occhi a mandorla, che hanno i nomi di Junya Sato (aeroplanini dipinti su diapositive, curiosamente boettiani) e Takako Kimura, che fa gatti e delfini assemblando centinaia di pins e stickers che, indovinate un po’, sono gatti e delfini di ogni foggia.
Dopo le polemiche seguite alla personale in galleria di Micol Assael, Zero cala gli assi: Michael Sailstorfer, bello il suo microfono affogato nel cemento, collegato ad un altoparlante che ne riproduce le ottuse interferenze, e Hans Schabus.
Ci sono lavori recenti di Bojan Sarcevic per Pinksummer, di Vedovamazzei da Umberto di Marino, di fronte al quale Sonia Rosso tenta il site specific allestendo uno stand con grandi occhi e tangenti di scotch nero, a drammatizzare i disegni di Charles Avery, che sono bellissimi. A differenza dell’allestimento, decisamente tamarro.
MW Projects di Londra presenta un raffinato lavoro dell’artista francese Marine Hugonnier: illustrazioni ritagliate dal fondamentale Line, Form, Color di Ellsworth Kelly censurano le prime pagine dei quotidiani internazionali, trasformandoli in strane geometrie architettoniche e suggerendo slittamenti di significato.
Lì vicino, Sales fa ormai degli eterei disegni di Euan McDonald una bandiera (qui un edificio che si discioglie nella nebbia) e Colombo trasferisce di sana pianta in fiera l’ultima personale di Andrea Salvino.
Milanesi d.o.c. a confronto: si rivedono volentieri i video di Candice Breitz nello stand Kaufmann ed attrae il Landscape Art (2003) di Sam Durant da Emi Fontana.
Batteria di classici del video per Hauser & Wirth: di Pipilotti Rist, Anri Sala, Paul McCarthy, Martin Creed. Tenta di lavorare anche sull’allestimento, lodevole l’impegno. Da Maccarone (NY) ecco la Celebrity Jacuzzi (Kofi Annan) di Mike Bouchet, rimossa dal Greater New York al P.S.1 causa odori molesti.

Ci sono il nuovo video di Vedovamazzei da Marco Noire e le nuove foto di Grazia Toderi da Giò Marconi, dove però scoviamo anche i videocartoons in plastilina di Nathalie Djurberg, che avevamo segnalato nell’ultima Liste: ottima scelta. Una stagionata Candida Höfer da Peola è la prova che il mercato dell’artista è in crescita, uno dei migliori lavori su tela di Jonathan Pylypchuck che De Carlo è ancora vigile. Tornando ai video, VM21 stravende le giovani Goldiechiari.
Si vede un sempreverde Elger Esser da Bonomo, del quale però l’assistente non sa dire quasi nulla: soggetto? Boh. Tiratura? Boh. Tecnica? Boh. Ma chi t’ha mannato? Boh…
Il padrone di casa, Noero, allestisce il Plotone di bombole con lingue di menelik di Lara Favaretto e un lavoro non nuovo di Henrik Hakansson. Un’altra torinese, Nicola Fornello, ospita invece la mostra Emotional toys di Claudio Cravero: buona l’idea della mostra in fiera, meno il progetto presentato. Sulla stessa linea Tucci Russo bissa i festeggiamenti per il 30° anniversario della galleria portando in fiera un pezzo della mostra S.N.O.W., curata da Andrea Bellini.
Tutte foto per Lia Rumma, con Ruff, Abramovic e Beecroft, meno famoso ma curioso, il lavoro di Ni Haifeng alla galleria olandese Lumen Travo. I suoi Self portrait as trash sono in blu, in bianco, in rosso, dipende dalla spazzatura.
Parterre du roi per Lorcan O’Neill, tra Taylor-Wood, Tracey Emin, Kiki Smith e Ontani anche Manfredi Beninati mentre punta quasi tutto su Pierre Bismuth Cosmic. Alison Jacques gioca bene, invece, tra Jan Kear, Jack Pierson e Mapplethorpe e, da Praz-delaVallade, si rivedono i lavori di Sharyar Nashat che avevamo lodato a gennaio tra padiglione elvetico in Biennale e Unlimited a Basilea.
Si vedono nuovi lavori di Marco Neri da Fabjbasaglia (la personale in galleria è cosa recentissima), quelli della Sabrina Mezzaqui da Continua, apparsa però un po’ sotto tono.
Dalla Scandinavia arrivano tre grandi disegni niente male di Patric Larsson per la svedese Flach e, per restare al nord, piacciono molto le carcasse della Ford Escort, fatte con fogli d’alluminio tipo Domopak dalla coppia Rhonda Weppler e Trevor Mahovsky. A rappresentarli la canadese Pari Nadimi che promuoviamo anche per le cose di Michael Oh.
Tornando in Italia, B&D la butta sull’ironia ammiccante, soprattutto con divertenti scatoloni da sbirciare dei Blue Noses, visti in Biennale. E Minini non fa una grinza; tra il Pasolini di Paolo Chiasera, una installazione di Kapoor e una Beecroft sempre più tentata dal ritorno alla pittura, anche gli splendidi ritratti di Elisabetta Catalano che sono in mostra alla GAM. Tranquilli, quello di Pasolini non mancava.

Ricordate l’anno scorso? A Constellations Pio Monti aveva portato la celeberrima Mozzarella in carrozza di De Dominicis. Quest’anno Pio infila nello stand la Jaguar E-Type di Gino. E a proposito di automobili (ma è una fiera o un parcheggio?), da Soffiantino il più modesto Luca Vitone porta la sua vecchia Simca Rossa con il motore fuso che chiama Ultimo viaggio. E fa pure la sua figura a fianco del maestro.
La praghese Jiri Svestka conferma la crescita del suo paese con Jitka Hanzlova e Kristof Kintera. Ottimo stand per la milanese Photology: ci sono i camei di Ghirri del ’72 e del ’77 ma soprattutto l’interessante anticipazione della collettiva dedicata alla Helsinki School. Tra gli esponenti segnaliamo i lavori sui riflessi di Jorma Puranen. Classico Giacomo Costa per Guidi & Schoen, così come Witkin e Araki per Ca’ di Frà.
Notizie da Pechino per Marella. Il nome è quello di Huang Yan: fa delle foto che ricordano i quadri con le farfalle di Damien Hirst (ma con figurine ironiche) oppure dei grandi ritratti sfocati di personaggi storici.
Prometeo punta sugli artisti sudamericanipoliticamente impegnati: il messicano acquisito Santiago Sierra e la femminista guatemalteca Regina Galindo, vincitrice alla Biennale e protagonista recente di una performance body in via Ventura a Milano.
In conclusione segnaliamo i nuovi lavori di Luisa Lambri da Paul Andriesse, ma la vena non sembra più quella di un tempo, i curiosi lavori di Ryan Gander (Rietveld recostruction, 2005) da Annet Gelink, quelli di Ulises Figueroa della messicana Garash: da rivedere. E confermando il fascino dei lavori pop di Chiho Aoshima (Graveheads, 2005) da Blum & Poe, eleggiamo tra i sottovalutati Fabio Viale, da Gagliardi Art System. Un virtuoso della scultura che rifà in marmo oggetti volgari: sacchetti, pneumatici e carta igienica tecnicamente impeccabili.

New Entries

Nella sezione dei nuovi arrivi tra le gallerie fondate dopo il 2000, la romana Monitor si presenta con i bolognesi Zimmerfrei, suo il video sul Panorama di Bologna, e Nico Vascellari, per una nuova tappa del suo A perfect circle.
L’americana Luxe conferma lo splendido video di Trine Nedraas già segnalato al Flash Art Show milanese, Guido W. Baudach incuriosisce per gli strani vintage-collage di Erwin Kneihsl, la spagnola Artificial per l’immaginario trash e retrò del giovane pittore Julio Falagàn.
Tra le cose pittoricamente più interessanti annotiamo, dalla greca Vamiali’s, da un lato Diann Bauer, che mescola reminescenze orientali alla maniera Ukyo-e con dinamismi cari al neopop USA di artisti come la Essenhigh, dall’altro Seb Patane, che interviene su stampe ottocentesche con censure e modifiche fatte con la biro.
Da Francesco Pantaleone Manfredi Beninati passa in secondo piano rispetto allo scandaletto del Laboratorio Saccardi (cfr. le speednews di Exibart). Chissà se è un caso che, al posto del lavoro incriminato per Lapo, sia stata messa l’ironica rivisitazione espressionista di un Pollo(ck).
In ogni caso complessivamente una sezione propositiva e fresca, con alcune gallerie assolutamente da reinvitare.

Constellations

La seconda edizione della selezione per le opere museali continua a non decollare, e per vari motivi: perché la formula non appare in linea con lo spirito della fiera, perché per lei è stata sacrificata Videolab che al contrario appariva più coerente (magari ripensata per non costringere il pubblico ad ore di visione, ad esempio con la diffusione di materiale in preview), perché il confronto con l’Unlimited di Basilea è impietoso, perché la qualità non è sempre all’altezza, perché qualche critica continua a serpeggiare. Franco Noero, big di casa inserito nel Comitato Direttivo, ha già collezionato un due su due nella sezione XL, in compagnia con Tucci Russo e Lia Rumma. Ma ad onor del vero corre l’obbligo di dire che è di Noero il progetto più interessante e propositivo. Il tentativo di ricostruzione del palazzo sud di Babilonia di Mike Nelson è senza dubbio suggestivo. Per il resto ci sono una Marisaldi (SALES) vecchia di dieci anni, i Botto e Bruno (Peola) non al massimo della forma, il tormentone May day di Gursky (basta!!) da Lia Rumma, il ping pong tra il maestro Giovanni Anselmo (Tucci Russo) e il figlioccio Arcangelo Sassolino (Galica). In ogni caso se non c’è una galleria straniera nel novero degli otto, ci sarà pure un motivo. Neppure loro ci credono. Cosa si aspetta a toglierla o ripensarla?

Present & Future

Qui toccherebbe chiarirsi sul termine emergente. Giovani sotto i 40 anni ok, ma c’è una bella differenza tra chi sta nel pieno di una carriera lanciata e chi invece si affaccia come possibile alternativa. Sarebbe interessante conoscere i criteri della selezione e della scelta del vincitore. Invece ogni anno è la solita solfa: si punterà all’allineamento con lo star system o si avrà il coraggio di imporre scelte autonome? Così c’era chi scommetteva sul David Casini di Analix Forever, per la verità apparso un po’ appesantito, chi sulla stravista e gotica Amie Dicke dell’olandese Diana Stigter. I più audaci puntavano su Jeremy Deller, punk melanconico per la parigina Art:Concept o sull’accoppiata inedita del giovanissimo gallerista venezuelan-milanese Federico Luger e l’artista Igor Eskinja. Alla fine l’ha spuntata la più brutta opera vista finora del promettente Michael Beutler che ai più è parso un plagio al quadrato della casa asimettrica di Vedovamazzei a Constellations dello scorso anno. Accontentato il gallerista torinese Franco Soffiantino (il quale però pareggia il conto con il miglior show dell’opening del sabato sera), il potente collega Michael Neff e il giovane rampante teutonico, già reduce dalle Biennali di Mosca e Goteborg, dal tour delle Kunstverein tedesche, dal Project per Frieze, dallo Statement per Art Basel e qualche altra bazzecola del genere. Assente alla premiazione, la sensazione è che Artissima gli avanzasse tutta.


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Art Basel 36

alfredo sigolo

[exibart]

Visualizza commenti

  • ma smettetela di citare il lavoro i vedovamazzei come originale . neppure quello lo era. ma una ricostruzione di una scenografia di un film muto di buster keaton, pari pari.

  • alfredo sigolo non si deve ingraziare proprio nessuno. Ma in che mondo vivete? nel quartieruccio? mamma mia, che raffinatezza di pensiero! che associazioni logiche. Se a Sigolo piace la fiera è perchè deve posare il deretano a qualcuno, inevitabilmente. Non può essere che la fiera gli sia semplicemente piaciuta. MALELINGUE! Ecco lì qua i vostri doppio giochi da cortile. Evviva la sciura Pina!

  • quella punto all'entrata di artissima o
    il misero stand nokia...la mostra di salgado..illy. erano il peggio. meglio in città che in fiera.

  • Sarà per una sorta di contrappasso... ma possibile che un sito ben fatto come exibart debba attirare i commentatori più banali e qualunquisti, le nullità più fataliste che popolano l'intero orbe terracqueo? Ma l'avete vista la fiera? Se l'avete vista (e ne dubito), la smettete di sparare fregnacce generiche acide risentite popolane??? ARGOMENTATE, se ne siete capaci... Oppure smettete di insultare gratuitamente chi fa seriamente il suo lavoro, almeno rimarrete da soli ad abbaiare alla luna...

  • Chiedo scusa se a volte abbrevio... non lavoro ad Artissima, sennò forse non avrei il tempo da sprecare in queste vuote e inutili chiacchiere... ho peccato!

  • ah, il fatto di suscitare la vostra pena non fa che confermarmi che sono sulla buona strada... ad majora

  • Se la gente si lamenta un motivo ci sará. Che nessuno mi venga a dire che artisti, galleristi, critici etc siano persone "pure", tra molti di loro e venditori di armi di contrabbando non esiste nessuna differenza. L'arte é arte solo quando non ci sono troppi interessi economici in mezzo, un vero artista deve fare arte solo come secondo lavoro, altrimenti segue un profitto come qualsiasi impresa. Vivendo all'estero mi sono reso conto di quanti artisti (anche molto famosi) non valgano nulla. Quando vengo in italia e compro le riviste come T.C. o F.A. in realtá compro solamente una serie interminabile di inviti a mostre, solo é publicitá, piú qualche cosina tipo una intervista al primo artista con un molti soldi da investire su di se. Fortunatamente in europa stesso esistono situazioni giá differenti. Il mondo dell'arte italiano é putrido e ignorante come la societá italiana attuale (anche se qui da noi ci sono cose molto peggiori). Non é importante la fama della fiera, ho visto cose interessanti anche in fiere sconosciute, anche ad artissima ho visto cose interessanti. Che cosa si puo dire, i soldi e la politica comprano e rovinano sempre tutto.

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