Lo spazio è ampio, i soffitti alti, l’impressione è quella d’entrare in una piccola cattedrale ma alle pareti non mosaici o affreschi ma immagini di grandi dimensioni, c-print stampate su alluminio dove nudo ed architettura si intersecano e confondono.
Nonostante siano immagini tendenzialmente fredde, per colore e situazione, la percezione delle stesse è piacevole, mi fa venire in mente alcuni disegni di Moebius. La presenza di corpi, nudi maschili, è quasi scontata, nonostante l’irrealtà delle situazioni sarebbe difficile immaginare quelle foto senza il loro inserimento. Sono nudi che non distraggono, che non insistono mai su ricerche che vadano aldilà di un contrasto, come a segnare un confine fra segni e curve, fra il caldo della pelle e il freddo ambiente circostante, assolutamente privo di riferimenti temporali o geografici.
La mostra segue un percorso che la galleria Ferranti ha iniziato tempo fa, e che ha trovato il suo apice nelle discusse esposizioni di Andres Serrano con “storia del sesso” e sugli obitori (The Morgue), dove il nudo era forte, crudo, a volte violento nella sua inconfutabile realtà; oggi troviamo, in questo viaggio che prosegue con Scheda, un erotismo pacato, sottile, assolutamente necessario.
Maurizio Chelucci
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