Giustificato da un approccio scientifico è il flou del padre del naturalismo fotografico: Peter Henry Emerson (1856-1936). Emerson avrebbe meglio figurato in un approfondimento a parte, visto che l’uso dello sfumato non ha nel suo caso una valenza decorativa. Comunque, vista la sua superficiale classificazione nell’ambito del pittorialismo, si è deciso di trattarlo qui, non senza riserve.
Nel noto saggio del 1889, intitolato Naturalistic Photography for Students of Art, il fotografo cubano, naturalizzato inglese, legittimava il flou da un punto di vista fisiologico: al pari dell’occhio umano la fotografia deve mettere a fuoco un piano alla volta, poiché, come affermava, questa non deve mostrare necessariamente la verità, ma ciò che vede l’occhio umano. Così la fotografia si fa di nuovo carico delle aspettative rinascimentali: ritorna l’atmosfera leonardesca e l’impressione unitaria prevale sulla “spettacolarizzazione” del particolare, ma soprattutto si avvia quel processo che, contando solo sulla specificità riproduttiva del mezzo fotografico ed eludendo ogni tipo di manipolazione esterna “pittorica”, porterà la fotografia ad
Non possiamo infine non menzionare Gaspard-Felix Tournachon alias “il grande” Nadar (1820-1910), anche lui un outsider sganciatosi dal pittorialismo. Disegnatore satirico e personaggio culturale tout court, Nadar fece la sua fortuna con la fotografia trattata in chiave decisamente contemporanea. Nonostante la posa, l’illuminazione, il trattamento dei panneggi e lo sfuocato ai bordi dell’immagine rimandino ad un’iconografia pittorica, è nella capacità rivelativa, prettamente fotografica che il fotografo parigino si distingue di fatto dai suoi colleghi dell’epoca, Disdéri in testa. Non
Nei suoi ritratti, giustamente definiti psicologici, Nadar attraverso inquadrature ristrette e decontestualizzanti tendeva a far emergere e quindi registrare, con capacità sintetica e non analitica, le personalità dei personaggi famosi da lui ripresi (tra questi: Hugo, Manet, Delacroix, Proudhon, Daumier, Baudelaire, Gautier, Dumas, Wagner, Bernhardt, ecc.), ricercando l’intima espressione piuttosto che l’archetipo. Precorse inoltre i tempi anche da un punto di vista compositivo infatti, sia nei ritratti, nei cui sfondi primeggiano fondali omogenei senza vie di fuga, che nei paesaggi aerei e nelle foto a luce artificiale, la prospettiva appare appiattita, al punto da negare la visione rinascimentale anche sotto l’aspetto formale; funzionale, tra l’altro, all’effetto decontestualizzante di cui dicevamo sopra.
Nadar fu il primo a realizzare fotografie aeree e fu anche il primo ad utilizzare la luce artificiale continua (il lampo al magnesio, progenitore dell’attuale flash, era in uso già da tempo) con la quale riprese, intorno al 1860, le prime fotografie delle catacombe di Parigi. Utilizzò inoltre l’illuminazione artificiale anche in alcuni ritratti i quali, per i forti contrasti di chiaroscuro derivati da questa tecnica, ispirarono, secondo A. Scharf (1968), l’opera di Manet.
La sintetica carrellata di autori proposta negli ultimi approfondimenti è indicativa delle tensioni contemporanee affacciatesi in ambito culturale all’”alba del contemporaneo”. I casi di autori interessanti furono in realtà limitati, rispetto alla moltitudine di pseudo-artisti che utilizzarono il pittoricismo come superficiale rassomiglianza formale con la (più blasonata) pittura, ma sufficienti per avviare in campo fotografico quella ricerca estetica che darà dignità culturale ed autostima al nuovo mezzo, grazie anche a tempi ora più maturi.
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http://www.geocities.com/Yosemite/Meadows/2961/and_kap_storica/and_nadar/nadar.htm
http://www.cultframe.com/26/29/511/secondeA.ASP
roberto maggiori
[exibart]
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