Una delle fotografie di Paola Agosti in mostra alla Biennale Donna è Sud Africa, Stellenbosch, aprile 1983. Il circolo delle bocce ("bowls"). (courtesy: Paola Agosti)
Nella cornice suggestiva della Palazzina Marfisa d’Este di Ferrara, qualche giorno fa ha aperto le porte la XVIII edizione della Biennale Donna. Si tratta di una rassegna ormai storica, organizzata dall’UDI (Unione Donne in Italia) dal 1984, fregiata della medaglia della Presidenza della Repubblica. Non un ghetto al femminile, ma un’occasione per valorizzare il lavoro delle donne, in tutte le sue forme. Quest’anno la rassegna presenta una straordinaria mostra a cura di Angela Madesani, che esplora il linguaggio fotografico delle donne tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta.
Attraversare l’immagine. Donne e fotografia tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta è la mostra di questa edizione della Biennale Donna, in corso fino al 22 novembre 2020. L’organizzazione è del Comitato Biennale Donna dell’UDI con le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, e il sostegno della Regione Emilia-Romagna e il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali, Arte e Turismo. Dopo lo stop ai lavori dettato dal lockdown, finalmente la mostra ha potuto aprire le sue porte al pubblico.
Il focus di quest’anno è la fotografia, esplorando le molteplici declinazioni della ricerca delle donne dietro l’obiettivo. «L’immagine stereotipata del fotoreporter, è l’uomo con la macchina fotografica a tracolla, che corre a caccia di notizie», suggerisce la curatrice. «La mostra sconfessa questo cliché, riportando alla luce la dimensione contemplativa della ricerca reportagistica femminile. Emerge così tutto l’impegno politico, sociale e di costume delle donne, documentando i grandi mutamenti storici del secolo breve».
I trent’anni presi in analisi sono stati decenni di grandi cambiamenti, fondamentali per l’affermazione dell’identità delle donne. Le fotografe in mostra hanno saputo registrare tali mutamenti, concentrando il proprio sguardo su temi connessi al sociale, al patrimonio antropologico, alla sfera psicologica. Tredici fotografe e altrettanti filoni di ricerca, in un percorso denso di contenuti che tratteggia il profilo culturale dell’epoca, in Italia e all’estero.
Si inizia con Diane Arbus, la celebre “fotografa dei freak“, degli emarginati, di cui ha saputo restituire immagini lucide, divenute iconiche. Dopo di lei si susseguono i lavori di Letizia Battaglia, Giovanna Borgese, Lisetta Carmi, Carla Cerati, Françoise Demulder, Mari Mahr, Lori Sammartino, Chiara Samugheo, Leena Saraste, Francesca Woodman e Petra Wunderlich.
L’obiettivo di Madesani è quello di dare luce ai lavori di queste donne, «anche negli aspetti meno noti al pubblico», rivela. È il caso di Chiara Samugheo, di cui conosciamo l’aspetto cinematografico, mentre ignoriamo in gran parte il suo lavoro con la macchina fotografica. In mostra ci sono i suoi bellissimi scatti delle donne tarantate del Sud: un mondo sospeso tra il magico e il religioso.
Altro caso emblematico è quello di Lori Sanmartino, fotografa nostrana morta molto giovane, che pure ha prodotto molti lavori di costume in Italia. In mostra vediamo le fotografie tratte da La domenica degli italiani, volume del ’61 con i testi di Ennio Flaiano, dove si presenta l’Italia degli anni che precedono il boom economico.
Nella sua varietà, la mostra tratteggia una storia del Novecento, vista da un’altra prospettiva, quella delle donne. «Non uno sguardo inferiore a quello dell’uomo, né superiore. Semplicemente diverso», sottolinea Angela Madesani. «Aldilà di tutte le differenze, è innegabile notare in questi lavori la stessa forza, un linguaggio proprio delle donne, una connotazione unica». Nella nostra gallery potete esplorare tutti i temi e le autrici in mostra.
Per tutte le informazioni potete visitare il sito ufficiale della Biennale Donna. Per la visita, nel rispetto delle normative vigenti per fronteggiare la pandemia, basta prenotarsi qui.
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