Fondaco dei Turchi, prima del restauro. Archivio fotografico di Palazzo Fortuny
Sono circa 150 le fotografie di Carlo Naya conservate presso l’Archivio fotografico di Palazzo Fortuny, una raccolta che si completa di una cospicua parte della produzione artistica del fotografo, custodita presso la Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE). Negative e positive su lastra di vetro, le sue fotografie documentano la città di Venezia in maniera sistematica, dalle architetture alle vedute, fino alle scene di genere. Un patrimonio che viene ora valorizzato con un progetto di ordinamento e schedatura, includendo la verifica dello stato conservativo, la messa in sicurezza e digitalizzazione dei materiali.
Il fondo, ceduto da Osvaldo Böhm e poi acquistato dal Museo Correr nel 1941, è andato ampliandosi nel corso del tempo, con donazioni e acquisti. Fonte inesauribile, «queste immagini vallicelliane confermano il debito di eredità che la fotografia veneziana deve a Carlo Naya, maestro della fotografia dei viaggiatori, ma anche attento osservatore e innamorato dell’immagine e dell’identità della sua Venezia» scrive il Prof. Alberto Manodori Sagredo.
Arrivato a Venezia intorno al 1857, Carlo Naya aprì una vetrina d’esposizione e vendita in Piazza San Marco e un laboratorio in Piazza di San Maurizio. Produsse serie fotografiche, ma anche riproduzioni d’arte. Ampliando rapidamente il suo atelier, con l’assunzione di nuovi collaboratori riuscì a mettere in piedi un commercio globale, ottenendo premi alle Esposizioni sia nazionali che internazionali. Le sue riproduzioni di affreschi di Giotto e Mantegna di alcune chiese di Padova gli valsero la medaglia d’argento all’Esposizione Universale di Parigi del 1867.
La sua accuratezza tecnica nel fornire anche precise descrizioni, fa della sua produzione un fondo dalla valenza inesauribile, costituendo testimonianza attenta del patrimonio storico-artistico-architettonico della città lagunare. È il caso dei bassorilievi della Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo distrutti da un incendio nel 1867, oggi ricostruibili grazie alla riproduzione effettuata dal fotografo. Non discostandosi dagli schemi di prospettiva tipici dei disegnatori, le sue fotografie sono piuttosto strumento attraverso il quale egli supera le possibilità del disegno grazie all’utilizzo dello strumento ottico.
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