Categorie: Fotografia

L’altra America di Massimo Tennenini, tra fotografia e antropologia

di - 20 Settembre 2022

Catturare l’incontro con lo sguardo altrui attraverso storie, relazioni, viaggi, utilizzando un medium straordinario: la fotografia. Ospitata al CIQ di Milano a partire dal 16 settembre, in occasione del Festival della Fotografia Etica di Lodi 2022, “Un’altra America” porta a compimento il lavoro di una vita, quello di Massimo Tennenini, antropologo romano.

Con una particolare attenzione al ruolo delle donne e al tema dei diritti umani, i suoi scatti documentano la vita e la storia delle comunità indigene del Guatemala, della Colombia e del Messico. Umanità, comunità e legame con la terra sono le chiavi di un lavoro dalla profondità immersiva che abita gli spazi del Centro Internazionale di Quartiere, un luogo di incontro, creazione e condivisione per tutti i cittadini del mondo.

Per l’occasione, abbiamo fatto una chiacchierata con Loredana De Pace, curatrice della mostra.

Di cosa tratta il Festival Fotografia Etica?

«Il Festival della Fotografia Etica è unico in Italia ed è oltremodo coraggioso perché tratta argomenti scomodi, che raramente appaiono sui media comuni. Ogni anno affronta una sfida nuova. Il nostro evento, in questo caso, si inserisce nel Circuito OFF del Festival, gestito da Francesco Bondioli. Una manifestazione che da sempre è attenta alle tematiche sociali e alle sane relazioni fra i popoli».

Come è avvenuta la scelta della location per la realizzazione della mostra?

«Tutto è partito da una conversazione fortuita che mi ha introdotta al Centro Internazionale di Quartiere. Quando mi hanno parlato di quello che avviene in questo luogo, della loro attenzione all’internazionalità e dell’incontro tra le culture, ho immediatamente pensato al lavoro di Massimo Tennenini: un antropologo che ha trascorso più 25 anni in Sudamerica affiancando alla propria ricerca antropologica il medium fotografico».

CIQ Milano

Puoi raccontarmi qualcosa dell’allestimento?

«Per gli esterni abbiamo prediletto scelte eco-sostenibili: invece di usare il materiale plastico abbiamo scelto di usare il cotone. All’interno, invece, l’autore, essendo un vero e proprio artigiano ha post-prodotto, stampato e incorniciato il proprio lavoro. Lui stesso partirà da Roma in macchina per “portarci la mostra”, in un viaggio che diventa simbolo di una comunità che si sposta con lui. Questa edizione è oltremodo speciale anche per la collaborazione del collettivo Spazio Delta, che ha dato un impulso dinamico al progetto della mostra attraverso strutture espositive innovative. Nello specifico, dispositivi in legno, auto-progettati per essere smontabili, che fungono da sostegno per gli scatti del fotografo. Dal nome Atlas, questi strumenti sono espressione di leggerezza e adattabilità, ideati con l’obiettivo di interpretare il percorso espositivo sia negli ambienti chiusi che in quelli aperti e di risolvere eventuali problematiche tecniche di allestimento».

Prototipo ‘Atlas’, collettivo Spazio Delta

Se dovessi scegliere tre parole con cui descrivere il progetto?

«Il lavoro di Massimo è stato lungo e intenso, volto a catturare scene significative della vita sudamericana. Per questo motivo, sicuramente, la prima è comunità: Massimo è diventato un hombre del pueblo, capace di inserirsi completamente nella comunità che ha incontrato. La seconda parola mi piacerebbe che fosse pachamama, ovvero madre terra: un omaggio a quello che la terra ha restituito. La terza parola, perseveranza, vorrei dedicarla a Massimo: ha passato 25 anni in questi territori senza mai perdere la capacità di cercare occasioni per andarci, al costo di mettere a rischio la propria stessa vita».

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