Unire la ricerca di una nuova visibilità per architetture e paesaggi alla definizione di un approccio poetico individuale, in grado di dialogare con l’insieme delle arti visive della nostra epoca, è una capacità che pochi artisti hanno. Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013), architetto di formazione e noto come uno dei più grandi della fotografia italiana ed europea, è riuscito come nessun’altro a rivoluzionare la fotografia documentaria rendendola tanto intensa quanto descrittiva, un segno visivo del reale, del territorio e delle dinamiche sociali che in essa vivono ed evolvono.
Stregato dalla forma e dall’identità delle città infatti, all’interno della sua vasta opera di riflessione sui mutamenti dei territori urbanizzati – nel passaggio dall’era industriale a quella postindustriale – ha dato vita a una ininterrotta narrazione di luoghi e scenari nei quali l’uomo contemporaneo vive e si esprime. Così, alla fine degli anni ‘70, prima di essere l’istituzione che poi è diventato, ha sperimentato vari campi del medium fotografico. Abbandonate le fabbriche, i palazzi e la coerenza delle linee, diveniva testimone oculare dell’allora bistrattato mondo dell’avanspettacolo.
Attratto dai “bassifondi” cittadini, Basilico immortalava senza giudizio o premeditazione ambienti a lui desueti. Nei night club milanesi e romagnoli avviava un’indagine delicata e personalissima di attori, spogliarelliste e performer “non recensiti” dalla stampa dell’epoca. Ne visse lo spirito, l’armonia e la sottocultura, accettando dentro l’obiettivo ogni elemento normalizzante o dirompente che fosse. Il mezzo fotografico lo aiutava a essere un traduttore di libertà, di cura per l’alterità, allegria e spensieratezza. Qualcosa di formidabile, esteticamente rimasto sconosciuto troppo a lungo.
Grazie al contributo della moglie Giovanna Calvenzi – Presidente del Museo Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo – e di Alberto Saibene co-fondatore della casa editrice Humboldt Books, questi importanti reperti visivi, rinvenuti solo recentemente all’interno di una scatola, possono essere ora fruiti premettendoci di penetrare ancora una volta la volontà di Basilico di elaborare una sintesi intorno alle forme dello spazio urbano e di quello naturale e umano, raccontandone tutte le sue sfaccettature e complessità.
Il libro “Gabriele Basilico. non recensiti” è stato presentato a luglio, da Giovanna Calvenzi e Alberto Saibene, in dialogo con il giornalista Michele Smargiassi, all’interno del palinsesto di Triennale Estate, come un primo momento sull’indagine di ciò che di altro il grande fotografo ci ha lasciato. Un’occasione che non solo aggiunge un pezzetto alla sua opera, per cui «Fotografare una città significa fare scelte tipologiche, storiche, oppure affettive, ma più spesso vuol dire cercare luoghi e creare storie, relazioni anche con luoghi lontani archiviati nella memoria, o addirittura luoghi immaginari. Questi luoghi sono strade, edifici, piazze, scorci, orizzonti, più raramente vedute panoramiche, che alla fine si risolvono in un viaggio, un percorso dentro la città». Ma vuole essere anche uno stimolo a tornare a vivere insieme la cultura e le città, dare voce a diversi temi sociali e fornire chiavi di lettura alternative per interpretare gli spazi del contemporaneo.
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