Giunge alla terza edizione
Palinsesti, con la formula ormai consolidata che prevede l’allestimento delle opere contemporanee in un percorso che si snoda tra ambienti settecenteschi ed edifici di archeologia industriale. La mostra è suddivisa tematicamente in quattro sezioni, con un taglio essenzialmente storico, benché le opere non siano anteriori agli anni ‘80. Ma non mancano gli spunti sul presente.
Nodo_rete (mutuato dalla teoria matematica dei grafi) è il concetto su cui è costruita la mostra ospitata presso il Castello e gli Ex Essiccatoi Bozzoli, strutturata come una riflessione sui sistemi complessi di relazioni. E parte da oggetti d’uso comune, come l’asciugacapelli e la sedia,
Simone Racheli, che porta all’estremo l’analisi della rete, sino a spingersi verso l’aspetto più primordiale e basico: quello delle fasce muscolari e del sistema nervoso che, resi straordinariamente dalla cera, si fanno utensili e si sostituiscono ai materiali comuni.
È molto pertinente
Haertfelt, l’opera schietta di
Diana Sheunemann, che simula la trasmissione nella rete nervosa nel corpo umano con l’immagine di un capezzolo che si contrae al ritmo del battito cardiaco, mentre sembra uscire da una fantasia disneyana
Court-circuit, il cantiere luccicante e rumoroso di
Cédric Hoareau, in cui macchine “auto-lavoranti” legate in un circuito si muovono in paradossale sinergia, prive di logica e senza controllo umano. All’opposto i
Klingers di
Maria e
Natalja Petschatnikov, che invece ci riportano alla dimensione calda delle reti e delle relazioni, quelle tra uomini, rappresentate in quest’opera dalla semplicità dei pulsanti-nodi della serie dipinta di campanelli.
Tra i lavori più interessanti c’è
Night journey di
Colleen Albourgh, intimo e scenografico allo stesso tempo: una coinvolgente installazione interattiva che accompagna lo spettatore in un itinerario emotivo e sensoriale fatto di immagini e suoni onirici.
La flagranza dell’immagine, la sezione presentata nelle sale di Palazzo Altan, offre un tragitto singolare nella pittura degli anni ‘80 prodotta in Friuli Venezia Giulia. Qui risaltano le atmosfere cupe e drammatiche dei
Relicta di
Nata, la densità cromatica e materica delle opere di
Walter Bortolossi e l’astratto di
Mario di Iorio, che trascinano il visitatore negli anni in cui – qui come altrove – il concettuale cedeva progressivamente la scena alla pittura, che come brace mai spenta ricominciava ad ardere.
Nella terza parte della mostra,
In sesto, una selezione di tre artisti si confronta sull’interpretazione dello spazio nei locali dell’Ex Ospedale dei Battuti. Tra questi c’è
Paolo Patelli, che costruisce uno spazio pittorico anche al di fuori della tela e crea una pittura in senso estensivo, divenuta spazio essa stessa. Ma che, come scritto in catalogo, resta “
ben in sesto”.