Categorie: friuli v. g.

fino al 21.IX.2006 | Francesco Giusti | Trieste, Studio Tommaseo

di - 20 Settembre 2006

Non c’è alcuna retorica negli scatti di Francesco Giusti (Milano, 1969). Non c’è volontà di commuovere o di ribaltare giudizi e pregiudizi. Non c’è l’enfasi saccente di chi vuol mostrare. Come Pasolini nelle borgate romane, egli ha frequentato e abitato questi luoghi, scegliendo di ritrarne gli abitanti dall’interno. Neutro e mai troppo artefatto, il suo sguardo è capace di un racconto inaspettatamente poetico degli ultimi uomini della città. Uomini che non sono però ancora cittadini, immigrati che hanno nonostante tutto la forza e la dignità per andare avanti.
È così che le fabbriche dismesse, come la Magneti Marelli, diventano il ventre materno che accoglie una folta schiera di sans papier dall’est Europa, che quei luoghi abitano, oltre ai muri e ai cancelli su cui campeggiano i cartelli di divieti d’accesso (Vietato l’accesso alle persone non autorizzate era anche il primo titolo pensato dal reporter per la serie, a cui è stato successivamente preferito Hotel Industria, forse più intellettualmente cattivo). Al di là di quegli sbarramenti c’è una vita che segue al di fuori della legge ma con regole proprie, in uno spazio sottratto al mondo prima dall’industrializzazione e in seguito dalla dimenticanza, dall’abbandono. Tra le fabbriche dalle enormi campate e i cumuli di macerie e rifiuti, senza soluzione di continuità, trovano posto improvvisate baracche in legno, pezzi di mattoni, lamiere arrugginite. E così tre uomini amichevolmente abbracciati si mostrano con fierezza; un ragazzo si esercita ad alzare il bilanciere con i pesi. C’è chi inganna il tempo fumando fino in fondo un mozzicone di sigaretta e chi mostra una imp rovvisata parete tappezzata con immagini di donne prese da giornali e riviste porno.
Senza acqua, senza luce e con riscaldamenti di fortuna, uomini e donne sembrano resistere al di là anche della violenza, legge inevitabile qui come altrove. Il profilo di una persona a terra -tracciato col gesso- e delle chiazze scure sono segni evidenti di una morte crudele e dell’intervento delle forze dell’ordine. Ma c’è la speranza di chi tiene duro. Di quella donna dai marcati tratti asiatici che ha ancora la voglia di mettersi il rossetto. O di quegli uomini che vestiti con decoro sembrano al primo giorno di un nuovo lavoro, carico di aspettative. E c’è quella madre bellissima che, avvolta in una vestaglia, mostra il bambino che porta con sé.

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mostra visitata il 15 settembre 2006


Francesco Giusti. Hotel Industria
a cura di Maria Cristina Didero e Susanna Legrenzi
catologo Hublab con testi di Maria Cristina Didero, Susanna Legrenzi, Maria Pace Ottieri, Massimo Randone
Trieste, Studio Tommaseo, via del Monte 2/1
da lunedì a sabato 17-20
ingresso libero
per informazioni tel.040 639187, fax 040 367601
luca@triestecontemporanea.it
www.triestecontemporanea.it


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