Nella Risiera di San Sabba, unico campo di concentramento nazista in Italia dotato di forno crematorio, nella cosiddetta Sala delle Croci sono stati presentati i 38 ritratti di Oliviero Toscani (Milano, 1942). Nell’ampio spazio sono dunque raccolti i volti dei superstiti scampati al feroce eccidio di Sant’Anna di Stazzema, avvenuto ormai sessant’anni fa in Toscana.
Si tratta di primissimi piani in bianco e nero, contrastatissimi, persino bruciati nei toni più chiari, come inscatolati dal taglio fotografico, con lo sguardo centrato nell’obiettivo e senza alcun apparente senso di rappacificazione con il passato, i ritratti sono ordinati su due lunghe assi nere che accentuano il senso tragico della carcassa di San Sabba. E a fianco di ogni testimone, identificato attraverso il nome e la giovane età che aveva all’epoca degli eventi (6 anni, 10 anni, 17 anni…), sono scritti i suoi ricordi sulla strage in cui perirono 560 persone tra uomini, donne e bambini.
Le memorie, brevi e in dialetto toscano, fatto che le rende ancora più vive e vere, hanno la capacità di azzerare la distanza da quello sterminio.
Dunque un progetto che, proprio perché nasce dalla testimonianza di persone, ci costringe a un’inattesa immedesimazione e a una traslata sofferenza. Evocando le immagini di quel massacro, pur senza mostrarle, unendo a quei racconti il senso simbolico anche della Risiera, l’operazione offre la possibilità di riflettere sul significato dell’esistenza e della libertà e su quanto sia semplice perdere, anche in una nazione di apparente tradizione civile, l’una e l’altra.
Difficile comprendere come follia e orrore abbiano assunto una tale dimensione, avvitandosi nella realtà di quella data e di quel luogo.
Qualcuno, colto in cucina o al lavoro, o a raccogliere dal pavimento chicchi di frumento per farne farina col macinino da caffè, d’un tratto si è trovato in un rastrellamento, umiliato prima e liquidato poi; con una raffica di mitragliatore, insieme ai propri cari; o falciato in piazza senza una sola ragione; e in una sequenza di aberrante semplicità. Allo stesso modo, proprio perché bambini o semplicemente perché più fortunati, alcuni sono riusciti a fuggire e, acquattandosi in una piana di fagioli o in un anfratto, si sono salvati.
Umanità/disumanità testimoniata dai volti dei superstiti, da racconti, senza retorica né provocazione, che inducono un sentimento di comunanza con quei bambini e di pietà per le vittime. Un Oliviero Toscani che rinnova una riflessione civile su alcune pagine dimenticate, o omesse, della nostra storia.
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giulio aricò
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