Una torre di cemento armato costruita negli anni Sessanta, punto di osservazione e controllo sui sottostanti stabilimenti industriali che si fondono senza soluzione di continuità nella campagna friulana. Questa la suggestiva ambientazione di Cinetica, una delle mostre del progetto Maravee, quest’anno dedicato all’energia. La rassegna, che si svolge in vari centri della provincia udinese, sviluppa il tema in maniera trasversale alternando l’attività espositiva a performances di danza, cui seguirà nell’autunno una sezione dedicata all’informazione scientifica (in collaborazione con l’Università del capoluogo).
È la collezione personale di Getulio Alviani (Udine, 1939), ad essere esposta alla sommità della torre, cui si accede con un ascensore e dalla quale, soprattutto di sera, si gode uno spettacolare vista sulla pianura. Egli stesso è autore tra i più noti dell’arte cinetica, quella tendenza internazionale consolidatasi nei primi anni Sessanta e che assieme all’arte programmata ha avuto un’attenzione particolare tanto all’aspetto percettivo (declinato anche nell’optical art) quanto alla progettualità e la verificabilità dei processi in chiave scientifica. Sotto questo profilo l’esposizione è un po’ la mostra di lavori dei più cari e stimati colleghi, quelli con cui si è combattuto dalla stessa parte della barricata, quelli con cui si è militato, quelli ai quali si è legati con un rapporto di stretta amicizia.
Le oltre venti opere, tutte molto note (anche perché più di qualcuna è tra quelle presenti nei manuali di storia dell’arte) sono nella maggioranza allestite nel perimetro esterno della stanza, suddivise in base alla causa primaria del movimento.
La sezione più nutrita è quella della luce elettrica, con opere come la variopinta e cangiante Struttura tricroma di Giovanni Anceschi (Milano, 1939), i Prismi luminosi di Alberto Biasi (Padova, 1937), il lavoro del ’67 con microlampadine realizzato dello stesso Alviani e la bellissima trottola retroilluminata con pois neri serigrafati –costruita dal Gruppo MID– che quando viene fatta girare fa letteralmente slittare gli occhi sulla superficie. Molto più composte sono la Strutturazione fluida di Gianni Colombo (Milano, 1937-1993), caratterizzata da un nastro metallico che si piega e si flette tra due vetri paralleli, e la Strutturazione virtuale di Gabriele De Vecchi (Milano, 1938), opera che all’aspetto cinetico aggiunge un valore concettuale notevole nella continua dinamica di costruzione/smantellamento dell’effetto prospettico.
La scultura Two lines di George Rickey (USA, 1907-2002), nella quale si sente una poesia particolare costruita sulle piccole cose, è invece costruita con due sottili e leggerissime aste metalliche sulle quali il più piccolo effetto generato dalle più impercettibili correnti d’aria induce le aste ad un lento ma continuo alzarsi ed abbassarsi. Ben diversa dai cilindri di acciaio di Victor Lucena (Caracas, 1948) in cui l’energia del movimento viene fornita dalla forza umana: quella di muscoli e braccia.
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daniele capra
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