Hydrogenia avrebbe dovuto essere il filo conduttore, oltre al titolo, di questa mostra. Ma, i tre artisti invitati a confrontarsi con l’idea della piccola molecola, che è l’elemento chimico più comune sul nostro pianeta (e che avrebbe dovuto appunto fungere da filo conduttore alla collettiva), paiono essersi divertiti a disobbedire, proponendo delle opere impossibili da definire sotto quest’etichetta.
Gaetano Bodanza presenta tre suoi lavori, stilisticamente tra loro molto differenti, a dimostrazione di quanto quest’artista, nel corso di una lunga e continua ricerca formale, ami sperimentare i linguaggi e i materiali più diversi. Sono in vetroresina i due infanti posti, nudi e seduti, l’uno di fronte all’altro. Con le mani a coprirsi le orecchie come chi non vuol sentire, ma vuole isolarsi e non sapere, si osservano intensamente e paiono implorare l’uno l’aiuto
Senza speranza pare anche la rielaborazione fotografica di un tramonto, non terreno, nel quale a sprofondare nell’orizzonte sono due soli, non uno. Astri di un altro pianeta, sul quale non è facile immaginare chi, o cosa, possa vivere. Infine, un dipinto cromaticamente violento, corroso, vitale. Una dimensione spaziale logica e, contemporaneamente, irreale, nella quale Bodanza ha privilegiato lo studio della forma.
Più costante, ma altrettanto interessante, lo stile di Walter Bortolossi, i cui dipinti sono sempre irriverenti, quasi grotteschi. Chi li osserva è proiettato in un’allucinata dimensione, simultaneamente fumettistica e metropolitana, nella quale figure reali, prese dal mondo della politica e della finanza, come da quello del rock e della scienza, si accompagnano a personaggi cinematografici. Il tutto ambientato in scenari inquietanti, privi di riferimenti spazio-temporali, nei quali la gamma cromatica brillante, contribuisce a creare questa costante sensazione di alienazione. La distorsione provoca un effetto stridente, apocalittico, dissacrante. Bortolossi manipola la realtà, deformandola la commenta e la spoglia di ogni ipocrisia. E’ una pittura faticosa e complessa, contemporanea per le tematiche che propone e, al contempo, visionaria.
Beppino De Cesco, dei tre artisti, è forse l’autore più ironico, capace di lavorare con qualsiasi oggetto gli capiti tra le mani. Con alcuni interventi pittorici rielabora una vecchia immagine negativa, che trasforma nella grottesca creatura chiamata Lingua Glossa, un volto travolto dallo spasmo di un grido. A quest’opera si affianca una gigantogrrafia nella quale un uomo nudo regge, e pare a fatica, il prolungamento della sua virilità, costituito da un’improbabile ramo di gelso. De Cesco propone anche un ready-made, vagamente dissacrante verso più illustri predecessori, costituito da una parte di bicicletta che funge da rampa di lancio ad un identico mezzo, molto più piccolo, ironicamente ottenuto con un paio di manette.
elena londero
mostra vista il 13 novembre 2002
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