L’idea di coprire, in un’unica esposizione, un arco temporale così vasto non è di certo stato un dato occasionale per la Galleria del Ponte. Percorrere, all’incirca, i quarant’anni più intensi, dal punto di vista artistico, per Torino significa infatti avere una visione d’insieme capace di mettere in luce gli elementi comuni e le peculiarità individuali di ogni singolo artista presente in questa rassegna. La scelta dei pittori non è casuale, tutti, in effetti, fanno parte della storia espositiva della Galleria del Ponte la quale ha sempre esclusivamente trattato l’arte piemontese. Non c’è periodo migliore quindi, per ribadire la propria politica espositiva, che organizzare una mostra di questo tipo proprio a cavallo tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo millennio. All’interno della collettiva in questione si parte dal gruppo dei “Sei”, tra cui si notano Levi e Menzio, per poi arrivare a Ruggeri, Saroni, Soffiantino, Gallizio, Parisot, Carol Rama… Scorrendo i nomi degli artisti presenti alla mostra e vedendo le loro opere ci si rende conto di quanto il loro apporto sia stato fondamentale per il rinnovamento dell’ambiente artistico torinese. Già sul finire degli anni Venti i “Sei” di Torino avevano mostrato una vera e propria funzione propagandista per l’arte moderna conducendo ciò che, all’epoca, Edoardo Persico considera come: “la prima battaglia che le nuove generazioni hanno dato per un’arte europea in Italia”. A questo proposito di Levi si nota, nella mostra, la presenza di un tema a lui molto caro: la madre. E’ visibile, infatti, tra le altre opere il “Ritratto della madre con lo scialle” del 1928 dove il pittore comincia a usare la propria pennellata in funzione disegnativa. Lo scossone maggiore, però, capace di rinnovare dal profondo l’arte torinese e di collegarla agli sviluppi che avvenivano in Italia e all’estero, è quello fornito, qualche decennio dopo dai, primi pittori definiti aformali quali, per nominarne uno, Ruggeri che è presente nell’esposizione con due opere. Un astrattismo dotato di chiare valenze informali è visibile anche nei dipinti di Carol Rama, nelle foto, la quale era giunta a questi sviluppi verso la seconda metà degli anni Cinquanta. Lei stessa, in precedenza, si era dimostrata rivolta verso un’estrosità condotta all’interno di figure geometriche. Queste caratteristiche erano dovute alla sua vicinanza, in quel periodo, al Movimento Arte Concreta (MAC) di Milano a cui si era accostata, nel 1951 assieme ad Adriano Parisot. Quest’ultimo, presente anch’esso alla mostra, dopo l’esperienza concretista, si era diretto verso un’astrazione che, come si vede nelle opere esposte, faceva proprie le esperienze segnico–gestuali. L’unione, all’interno della mostra, di artisti così diversi tra loro, fino a coprire un periodo tanto ampio, permette di avere una visione completa dell’arte torinese e del suo sviluppo nel corso di un quarantennio certamente importante per la crescita artistica del territorio piemontese.
Elena Menegatti
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