Veduta della mostra "Marinus Boezem. Bird’s-eye View", a cura di Lorenzo Bruni, Galleria Fumagalli, Milano, 2019. Ph. Antonio Maniscalco. Courtesy Galleria Fumagalli.
La riapertura delle gallerie sembra ancora distante, ma tutte le voci che abbiamo raccolto arricchiscono il dibattito su cosa fare dopo il Covid-19: a questo proposito oggi leggiamo l’opinione di Annamaria Maggi della Galleria Fumagalli di Milano. Per leggere tutte le interviste ai galleristi visitate la sezione Gallerist.
Come avete riorganizzato il vostro lavoro?
«Da remoto, da casa.
Non è stato difficile, gli strumenti tecnologici, che tutti stanno utilizzando in maniera massiva, ci hanno permesso di creare un palinsesto di appuntamenti on-line con contenuti culturali, due appuntamenti settimanali: uno streaming (video, interviste, pillole), e un focus/approfondimento su un artista o una mostra. Fondamentale è stato l’aiuto degli artisti con i quali siamo a più stretto contatto e il copioso archivio della Galleria Fumagalli che negli anni ha raccolto e conservato interessante materiale. Come ad esempio l’intervista a Giovanni Anselmo o quella a Dennis Oppenheim (entrambe a cura di Alberto Fiz), oppure la pièce teatrale Die Hamletmaschine by Heiner Müller con la scena di Jannis Kounellis e la regia di Theodoros Terzopoulos, tenutasi al Piccolo Teatro d’Europa a Milano il 28 dicembre 2015, che abbiamo già riproposto in streaming attraverso il lancio di una newsletter. Ora è tutto visibile sul nostro sito alla pagina #iorestoacasa».
Quali misure metterete in atto per attutire le difficoltà previste per il 2020?
«Siamo molto orgogliosi di poter mettere in campo un’attività culturale di ottimo livello e un palinsesto particolarmente ampio, ma ciò non ci aiuta nel proseguimento dell’attività commerciale che è fondamentale per la sopravvivenza di ogni attività privata. Siamo una piccola azienda, come tutte le gallerie, e questi mesi di lockdown ci stanno mettendo a dura prova. E quale sarà il futuro se non potremo partecipare a fiere, o inaugurare le mostre in programma a causa del giusto distanziamento sociale al quale saremo obbligati nei mesi a venire? L’attività di galleria si fonda anche sulla socialità, il pubblico che partecipa alle inaugurazioni, alle performance o agli incontri è fondamentale per attivare più contati e più occasioni di commercio».
Qual è il più grande ostacolo che sarete costretti a superare nei mesi a venire?
«L’ostacolo maggiore è, come ho già accennato, l’impossibilità di riattivare l’attività di socializzazione che di conseguenza porta a favorire quella commerciale. Detto ciò, stiamo pensando di rafforzare la nostra presenza sulle piattaforme di vendita on-line, organizzeremo delle viewing room commerciali on line dal nostro sito e cercheremo di stimolare gli appuntamenti in galleria assicurando il distanziamento e la sicurezza.
La sfida sarà quella di raggiungere virtualmente più collezionisti possibile e di concludere vendite a distanza, già lo facciamo, ma ora dovremo contare quasi esclusivamente su questa metodologia.
Dobbiamo però anche tener conto di un’altra difficoltà: la nuova crisi economica globale ha ridotto drasticamente le possibilità di spesa, e ha favorito un impatto emotivo di incertezza. È la seconda crisi economica che vedo, insieme a quella del 2008, e pur essendo state generate da fenomeni completamente diversi avranno un risultato molto simile. Però nel 2008 non esistevano ancora le vendite on-line.
Un altro ostacolo alle vendite, che non fa riferimento solo alla crisi attuale, ma è una questione anche troppo vecchia, è la tassazione».
Quale credete sia la debolezza più evidente che il sistema dell’arte ha mostrato in queste settimane?
«In un momento di crisi tutte le debolezze si acuiscono, ma non mi sembra che si siano evidenziate particolari o maggiori debolezze, in queste settimane; in realtà ho constatato con piacere che tutti gli operatori del sistema dell’arte, dai Musei alle Fondazione alle Gallerie private ai mass media (e questa intervista ne è un esempio) si siano attivati per non cedere alle difficoltà e per rimanere presenti anche se virtualmente.
La debolezza maggiore è che il sistema fiscale italiano non favorisce l’acquisto di opere d’arte data l’altissima tassazione a cui siamo sottoposti. L’IVA in particolare è un grosso freno all’acquisto, l’opera d’arte non dovrebbe essere considerata un bene di lusso, ma un bene culturale, come i prodotti editoriali, e dovrebbe seguire le stesse norme fiscali».
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