Non poteva che intitolarsi
Genius Loci una rassegna che gode di uno spazio espositivo come l’isola Palmaria. Un luogo magico, contenitore delle opere pensate per l’occasione, ma anche contenuto di ciò che queste raccontano.
Lo spettacolo inizia subito, quando si lasciano i colorati scorci del lungomare di Porto Venere e l’imponente catena delle Apuane in direzione di un’isola la cui storia ancora si fa sentire tra gli schiamazzi dei bagnanti. Undici artisti molto diversi tra loro dialogano con un territorio ancora parzialmente vergine. E il risultato è tutt’altro che scontato.
La prima parte del percorso si snoda dal Molo del Terrizzo. Ad accogliere i visitatori, le sei sculture in marmo di
Sibille Pasche,
Riflessi di stelle, s’inseriscono perfettamente nel suggestivo panorama offerto allo sguardo di chi raggiunge la banchina dal mare. La loro forma e le caratteristiche del materiale con cui sono create le confondono con gli elementi naturali. Le ritroveremo all’interno della Batteria Umberto I, a fare da snodo nella sezione centrale della mostra.
Ma prima le opere che accompagnano lungo il sentiero che dal porto arriva alla fortezza: gli
Ometti di
Maria Grazia Cantoni, oltre a porre l’attenzione su scorci paesaggistici altrimenti nascosti, segnano luoghi di pausa e riflessione. Fatte di pietre e marmi locali, queste costruzioni piramidali segnano le tappe di un percorso che non ha altro scopo se non quello di penetrare l’isola, apparendo come piccoli altari che la terra erige verso il cielo.
L’uovo di Colombo, creazione in fil di ferro e materiali di recupero di
Carmen Tornabuoni, rappresenta la soluzione pensata per dialogare con il territorio che accoglie l’artista: la leggera costruzione ben s’inserisce nella vegetazione, permettendo al vento e alle fronde di dialogare con essa e, in certe condizioni, di modificarla.
Si arriva quindi alla batteria, costruzione imponente la cui architettura, pur non tradendo la funzionalità originaria, presenta tratti raffinati. Primeggia l’installazione di
Stefano Cagol, special guest di questa rassegna. Ciò a cui s’ispira
War_Raw è un concetto che riassume l’aria che si respira sull’isola. Da una parte la guerra (“war”) degli eserciti di cui questo mare è stato testimone, dall’altra l’integrità (“raw”) che l’isola e i suoi pochi abitanti sono riusciti a salvaguardare. Un’opera che gioca sulla dualità e sulla contraddizione del linguaggio e dell’atteggiamento dell’uomo verso la natura, ma, soprattutto, verso se stesso. Un lavoro dal profondo impatto emotivo che, pur percorrendo verticalmente la storia, rimane di estrema attualità.
All’interno della fortezza, le tele ricche di colori acquatici e personali verità di
Luca Bray sono allestite specularmente ai lavori di
Raffaello Gori, che riportano all’interno i colori e la luminosità che si godono all’esterno, rimandando inoltre, grazie all’uso di materiali come la carta velina, alla fragilità insita nella natura.
Estremamente vicino all’isola è il progetto di
Lisa Maria Batacchi, Ascoltare il silenzio. Recandosi più volte a Palmaria, l’artista fiorentina ha raccolto vecchie federe di cuscini, dette intime, con le quali ha cucito una tela della stessa forma dell’isola. Il lavoro, appeso al soffitto della fortezza, richiama al silenzio del sonno, ai sogni e all’intimità di un rapporto profondo tra un luogo e chi lo abita. A far da sfondo, le registrazioni raccolte da Batacchi durante i suoi colloqui con gli abitanti.