Si chiama Ultrapop Ultracolor la mostra al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce fino al 13 gennaio. Curata da Ferruccio Giromini, è dedicata ai lavori del gruppo Ultrapop composto di quattro bravi, giovanissimi artisti: Dario Arcidiacono, Antonio Sorrentino e Sandra Virlinzi, catanesi, e il genovese Giordano Curreri.
Il percorso espositivo conduce attraverso quattro personali parallele, che si fondono in un’unica
Quasi tutte realizzate per l’occasione, le opere Ultrapop si combinano negli spazi del museo in un aspro, irriverente puzzle della realtà quotidiana, sincroniche ma coerenti nell’illustrare un grande fumetto composito nel quale le ottime potenzialità specifiche di ciascuno degli artisti partecipano efficacemente ad un’atmosfera comune, rielaborandone ed amplificandone le suggestioni.
Tema ricorrente dell’iniziativa è il mondo d’oggi trasfigurato nella fantascienza, da sempre efficace metafora del presente. Zona franca dove esprimere la critica e il disagio in una dimensione parallela, anarchica e libera da convenzioni.
Le campiture piatte di tinte vivacissime, spesso colori puri o tonalitĂ rubate ai pennarelli carioca, rimandano ad un immaginario infantile e sereno, dove i contorni neri delimitano semplici zone da riempire nello spazio indicato dal puntino, ricco di merendine, album da scarabocchiare, innocui fumetti di Topolino e angelici supereroi asessuati. In questo universo mai minaccioso, gli Ultrapop fanno irruzione con oceani di sangue e budella, cadaveri verminosi, robot assassini, fuochi animati, merde parlanti e mostri assortiti.
Contro quella che definiscono con un pungente neologismo l’attuale macdonaldizzazione, schierano le loro creature più patetiche che mostruose, antieroi di un’umanità impaurita e confusa, ipnotizzata da mondi di plastica e pixel scintillanti, che baratta l’anima e la natura in cambio di gadget inutili e hamburger.
Così gli sgorbietti dipinti da Sandra Virlinzi, quasi pokemon alternativi e beffardi che a mio parere trovano nei quadri più piccoli la loro dimensione ideale, animano le pareti di Villa Croce di giocosa sensualità e sarcasmo, dialogando con i paradisi artificiali popolati di automi e da un’umanità attonita creati da Antonio Sorrentino, con il grand guignol polemico, ecologico e disperato di Giordano Curreri, con il nitore luccicante degli incubi su plexiglas di Dario Arcidiacono.
Un mostra bella e bizzarra dove si sguazza nel metalinguaggio, come scrive nel testo a catalogo Ferruccio Giromini, ideatore e curatore
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