Categorie: genova

fino al 13.VI.2010 | Isole mai trovate | Genova, Palazzo Ducale

di - 9 Giugno 2010
Deriva
naufragio approdo. È, grosso modo, il cortocircuito di questa mostra
“blockbuster”, di quelle che piacciono a Lóránd
Hegyi, qui affiancato nella curatela
da Katarina Koskina, presidente del Museo d’arte contemporanea di Salonicco.
Ovvero: una mediterranea doc e un magiaro abituato a sguazzare in acque
internazionali, insieme nella città della Lanterna a far da prologo alla
Biennale del Mediterraneo (attesa in autunno). Spiegando come ‘isola’ sia, più
che luogo fisico, stato mentale e paradigma culturale: visione plurima che
giustifica le frequenti digressioni che costellano una rotta volutamente priva
di bussola, che ama il viaggio in sé più che la meta.

Sicché,
oltrepassato il didascalico incipit di Kounellis
, si beccheggia spesso tra le
metafore, vagheggiando innanzitutto quell’utopia “che oggi manca
” (Hegyi) e che solo l’artista,
contrapponendosi all’omologazione imperante, può e deve ancora sognare.
Benedetta quindi la rivolta di chi, come Gilbert & George
, si trincera provocatoriamente
dietro un’erasmiana follia, o si distacca dalla realtà in un processo
proteiforme, vedi Orlan
in versione pellerossa.
Disseminate
nella corrente, emozioni e agnizioni: il burrascoso Kiefer
, Marina Abramovic sdraiata sulla battigia di Stromboli, o Louise Bourgeois che, tra sculture e litografie, getta
un’ancora di salvezza sentenziando “art is a guaranty of sanity
”.

Nel
vasto pelago affiorano noti l’errabondo Kimsooja
, i caroselli di ombre congegnati
da Feldmann
per
l’ultima Biennale di Venezia, la Clear glass stack
di Tony Cragg. Famosi a iosa, immancabili nelle
collettive firmate da Hegyi: Jan Fabre
, Dennis Oppenheim, Maurizio Nannucci, Gloria Friedmann (il cui Exode si dirige efficacemente verso
un’angusta e inquietante imboccatura a imbuto), Luigi Ontani,
un Kabakov quasi “spallettiano”.
Nella
Cappella Dogale lo snodo più riuscito e politicamente pregnante: la barca
carica di masserizie africane di Barthelemy Toguo
, che sfida un mare di bottiglie
di vodka, monito allo smarrimento e allo snaturamento in agguato per l’esule;
l’isola “impacchettata”, e si direbbe pronta per la svendita, di Siobhan
Hapaskas
; i pan di zucchero ogivali come
siluri di Latifa Echakhch
.
Tra
le sempreverdi certezze di Pistoletto
, Long, Horn, e le meno “edite” Marina Bolla e Danica Dakic, chi con un un’unica opera, chi con
una mini-personale, si insegue l’inafferrabile, pronto a volare via come il
mucchio di sabbia minacciato da quattro ventilatori di Alice Aycock
.

Spiaggia
del tesoro agognato, prigione dello spirito inquieto, fazzoletto di spazio in
cui arroccarsi: l’isola resta, in ogni caso, posto del dubbio e della
nostalgia, dove più acute si fanno le fitte dell’insoddisfazione e le ferite
della perdita.

E
poiché – citando Georg Simmel – “l’arte è un’avventura molto seria, che
elimina limiti e frontiere
”, e l’orizzonte viene continuamente spostato sempre più lontano,
l’ulissismo diventa malattia necessaria per l’artista contemporaneo. Il quale,
quand’anche trovasse la sua Itaca, scalpiterebbe per allontanarsene
immediatamente.

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La
videorecensione della mostra

anita
pepe

mostra
visitata il 13 marzo 2010


dal 12 marzo al 13 giugno 2010
Isole
mai trovate / Undiscovered Islands

a
cura di Lóránd Hegyi e Katarina Koskina
Palazzo
Ducale – Appartamento del Doge
Piazza
Matteotti, 9 – 16123 Genova

Orario: da
martedì a domenica ore 9-19 (la biglietteria chiude un’ora prima)

Ingresso:
intero € 8; ridotto € 6

Catalogo
Silvana Editoriale

Info: tel. +39
0105574064;
biglietteria@palazzoducale.genova.it; www.palazzoducale.genova.it

[exibart]

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