La paura, stavolta, si è fermata a Londra. Quattro morti accertati, nel momento in cui scriviamo, e una serie numerosa di feriti, a due passi da Westminster. Il copione è lo stesso di Nizza e Berlino: un’auto (negli altri casi erano camion) piombano sulla folla, e fanno strike di vite umane. Passanti, turisti, inglesi, immigrati e non importa chi altro, perché tanto il messaggio è sempre lo stesso: “Non vi libererete così facilmente di noi”. Noi, per i media e Scotland Yard, sono terroristi.
Ma non chi vorrebbero che fosse, tale Trevor Brooks alias Abu Izzadeen, ex imam di Clapton attualmente in carcere. E allora il mistero si complica, e presto il nome dell’assassino verrà a galla e si scopriranno nuove trame. Del terrorismo internazionale, o di qualche sentimento omicida nei confronti di una società maturato nella stessa Inghilterra, pronta a uscire dall’Europa ma che riceve – in questo momento – il sostegno di tutti i Paesi dell’Unione e degli Stati Uniti.
«Ancora una volta l’odiosa e insensata violenza del terrorismo ferisce il Regno Unito nell’inutile tentativo di minare i valori di libertà, apertura e tolleranza che la società europea ha posto a fondamento della convivenza civile. Questo irrinunciabile patrimonio ideale è uno dei tratti più caratteristici delle città che, come Londra, accolgono cittadini e visitatori portatori di culture diverse», ha riportato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Già, Londra, la città cosmopolita della differenza che ha votato la Brexit e che storce il naso sui migranti; la città della cultura che, lentamente, pare in fase di raffreddamento, e che un episodio del genere di certo non ucciderà nello spirito ma, per qualche tempo, farà camminare nella City (in questo momento spettrale) tutti un po’ più guardinghi.
E così, ancora una volta, la paura della paura fa strike. (MB)